Placchetta Trivulzio

Titolo dell'opera: Placchetta Trivulzio
Autore: n.n.
Anno di esecuzione: 973 - 984
Luogo: Milano (Museo del Castello Sforzesco)



Nella placchetta Trivulzio (Fillitz, 1993, II, pp. 67-69) la famiglia imperiale degli Ottoni, identificata dall'iscrizione Otto imperator, secondo il rituale cerimoniale bizantino rende omaggio a Cristo benedicente in trono, tra due angeli sospesi in alto, la Madonna a destra e s. Maurizio a sinistra; Ottone II starebbe accompagnando la moglie Teofano e il figlio bambino incoronato sarebbe Ottone III, proclamato nel 983 imperatore in seguito alla morte del padre; quindi la placca sarebbe stata fatta realizzare in quell'anno per celebrare l'incoronazione del nuovo imperatore e per essere donata al monastero milanese di S. Maurizio, patrono della dinastia ottoniana.





L'articolo completo:

Milano

Enciclopedia dell' Arte Medievale
MILANO (lat. Mediolanum)Città dell'Italia settentrionale, situata nella pianura Padana, capoluogo della regione Lombardia.Storia e urbanisticaDelle origini celtiche della città è giunta sino a oggi la forma latinizzata del nome, Mediolanum, esprimente un concetto di medietà (non è chiaro rispetto a che cosa), mentre una serie di reperti archeologici dei secc. 3° e 2° a.C. lascia intuire l'esistenza di un primitivo insediamento insubre (non necessariamente unitario e fortificato) nelle adiacenze dell'od. piazza del Duomo
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Basiliche: Santa Maria in Domnica (Roma)

Titolo dell'opera: Basilica Santa Maria in Domica
Autore: vari
Anno di esecuzione: 499?
Luogo: Roma




Santa Maria in Domnica, anche nota come Santa Maria alla navicella, è una basilica di Roma. Sorge sulla sommità del colle Celio, nell'attuale piazza della Navicella. È sede del Titulus S. Mariae in Domnica, istituito nel 678 da papa Agatone; l'attuale cardinale titolare è William Joseph Levada, in carica dal 2006.

L'attributo "in Domnica" è stato oggetto di differenti interpretazioni. Una lo fa derivare da dominicum, "del Signore". Un'altra fa riferimento al nome di Ciriaca, una donna che sarebbe vissuta nei pressi della chiesa, ed il cui nome avrebbe significato "appartenente al Signore". L'attributo alternativo "alla navicella" fa riferimento alla scultura romana di una nave posta già in antichità nella piazzetta di fronte alla chiesa, e trasformata in una fontana da papa Leone X.

Una prima chiesa fu costruita qui in antichità, nei pressi della caserma della V coorte dei Vigiles di Roma. La chiesa è ricordata negli atti del sinodo di papa Simmaco, nel 499. Papa Pasquale I, il cui papato coincise con un'epoca di rinnovamento e splendore artistico che coinvolse la Roma dell'inizio del IX secolo, ricostruì la basilica nell'818-822, dotandola di un notevole apparato musivo.

L'assetto interno, invece, è opera dei vari restauri condotti fra il XVI e il XIX secolo. I restauri del XVI secolo, ai quali si deve l'aspetto che la chiesa mantiene ancor oggi, la legano strettamente ai Medici, cardinali titolari della basilica lungo tutto il secolo:

Il primo titolare della famiglia (1492-1513) fu Giovanni di Lorenzo de' Medici, futuro papa Leone X, che nei primi anni del Cinquecento, affidò ad Andrea Sansovino la costruzione della nuova facciata e l'antistante fontana; seguì (1513-1517) Giulio di Giuliano de' Medici, futuro papa Clemente VII.
Dopo qualche decennio, il titolo tornò ai Medici, con Giovanni di Cosimo I de' Medici, nominato cardinale a 17 anni, ma che lo tenne per due soli anni (1560-1562), morendo giovanissimo di tubercolosi; la diaconia passò così (1565-1585) a Ferdinando, sesto figlio di Cosimo I de' Medici e fratello del precedente, creato cardinale a 14 anni e divenuto poi, a 38, Granduca di Toscana. A lui si deve la realizzazione del soffitto della basilica.
Un consistente restauro, mirato a curare gravi infiltrazioni di umidità e a riparare danni, ma anche a ricostituire l'unità stilistica interna della chiesa (che era ormai chiusa da tempo) e a restaurare il portico, fu condotto alla fine dell'Ottocento sotto la direzione tecnica di Busiri Vici e dell'architetto ingegnere Gaetano Bonoli, patrocinato dal cardinale Consolini e finanziato da Propaganda Fide. Con l'occasione venne anche fabbricata e installata la cancellata ancor oggi in situ, e il 5 marzo 1882 la chiesa venne ufficialmente riaperta.

Nel 1958 è stata costruita la confessione semianulare sotto l'abside da Ildo Avetta, mentre risale al 1985 l'attuale (2011) sistemazione del presbiterio.

La facciata della basilica, in stile rinascimentale, è opera di Andrea Sansovino che la realizzò nel 1513-1514. Sopra l'arioso portico con cinque arcate separate da lesene in travertino, vi sono due finestre, aperte in seguito all'intervento del Sansovino, ai lati del rosone circolare originale. Nel timpano, gli stemmi marmorei di Innocenzo VIII (al centro) e dei cardinali Giovanni e Ferdinando de' Medici (ai lati). Nel campanile a vela, sito lungo il fianco destro, è installata un'antichissima campana che reca la data 1288.

L'interno, seppur rimaneggiato più volte, conserva ancora immutata l'originaria pianta basilicale del IX secolo, costituita da tre navate di uguale lunghezza separate fra di loro da due file di nove colonne di spoglio ciascuna, terminanti con tre absidi, di cui la maggiore è più ampia.

La navata centrale, affrescata lungo le pareti da Lazzaro Baldi, conserva il soffitto a cassettoni commissionato nel 1566 da Ferdinando de' Medici e ridipinto nel XIX secolo. Il soffitto, che porta al centro lo stemma mediceo, presenta negli altri due riquadri principali la navicella di Leone X, rappresentata come arca di Noè e come tempietto eucaristico.


Sia il catino dell'abside maggiore, sia l'arco absidale sono riccamente decorati da mosaici dell'epoca di Pasquale I (papa dall'817 all'824). Il mosaico dell'abside raffigura la Madonna in Trono fra due schiere di Angeli, soggetto probabilmente ripreso da un'antica icona. Sopra l'arco, invece, vi è il Salvatore fra due teorie di apostoli; più in basso, invece, sono raffigurati Mosè ed Elia. Nella cripta, a cui si accede tramite la moderna confessione semianulare, vi sono dei sarcofagi antichi.

Da Wikipedia: Santa Maria in Domnica

Bibliografia
Alia Englen, Franco Astolfi, Caelius I. Santa Maria in Domnica San Tommaso in Formis e il clivus Scauri, Roma, Erma di Bretschneider (a cura di), 2003

G. Fronzuto, Organi di Roma. Guida pratica orientativa agli organi storici e moderni, Leo S. Olschki Editore, Firenze 2007, pp. 288–288. ISBN 978-88-222-5674-4

Pulpito del Battistero di Pisa

Titolo dell'opera: Pulpito
Autore: Nicola Pisano
Anno di esecuzione: 1257
Luogo: Pisa (Battistero)




Verosimilmente iniziato verso il 1257 è un'opera di piena maturità dell'artista, con la quale vengono introdotte contemporaneamente una serie cospicua di novità di assoluto rilievo.

Innanzitutto la struttura a base esagonale non ha precedenti: si pensi al pulpito di Guglielmo già nel duomo di Pisa (oggi in quello di Cagliari) o a quelli diffusi nel XII secolo in Italia meridionale, tutti a base quadrata o rettangolare.

Sostenuto da sei colonne laterali (tre delle quali poggianti su leoni stilofori) ed una centrale con basamento scolpito con tre telamoni, ha il parapetto ornato da cinque pannelli a bassorilievo con scene della vita di Cristo:
  • Natività
  • Adorazione dei Magi
  • Presentazione al tempio
  • Crocifissione
  • Giudizio Universale
  • Sul sesto lato si trova l'apertura per accedere al vano rialzato

Inoltre tra le colonne sono ricavati archetti trilobati con rilievi nei pennacchi (con Profeti e evangelisti) e sopra i capitelli si trovano altrettante statue con Quattro virtù cardinali, San Giovanni Battista e l'Arcangelo Michele

La costruzione fu probabilmente ispirata dall'arcivescovo Federico Visconti, che nei suoi Sermones descrive una domus Dei con corrispondenze alle fattezze del pulpito: una Domus Dei inferior corrispondente al livello dei leoni, una Domus Dei exterior al livello delle sette colonne (che simboleggerebbero i sette sacramenti) ed una Domus Dei superior con la visione divina delle scene cristologiche. Anche la scelta degli episodi dei pannelli, i momenti più commoventi dell'infanzia e della passione, secondo la predilezione devozionale dei francescani, viene messa in relazione con un fatto avvenuto nel 1257, la predicazione a Pisa del teologo francescano Bonaventura da Bagnoregio.

Ma l'erudizione del programma iconografico non limitò l'arte di Nicola, che anzi diede un possente realismo ai rilievi, con grandi vertici nelle figure quasi a tutto tondo sopra i capitelli. La Carità per esempio presenta un panneggio morbido e realistico e intreccia con un puttino un tenero contatto delle mani; la Fortezza poi è uno dei primi nudi ripresi da modelli dall'antichità classica, con un'evidentissima citazione dell'iconografia di Ercole, con tanto di pelle leonina. La posa leggermente inarcata e dalle linee sciolte venne ripresa più di due secoli e mezzo dopo da Michelangelo Buonarroti per il celeberrimo David.

Evidentissimi sono altri debiti con le sculture romane, tanto da avere vere e proprie citazioni, come nella Madonna seduta nell'Adorazione dei Magi, ripresa da una Fedra in un sarcofago pisano, o il vecchio con un braccio sorretto da un putto nella Presentazione al tempio, riadattato dal rilievo di un cratere con scene dionisiache sempre a Pisa.

I personaggi sono rappresentati su più piani, secondo una disposizione spaziale realistica, con un'acuta descrizione delle fisionomie ed un vivace e dinamico senso della narrazione. I bassorilievi dei pannelli non sfigurano quindi accanto agli originali romani del II-III secolo, ma vi si possono rintracciare anche le inquietudini tipicamente gotiche, nella spigolosità del ricadere dei panneggi o nelle barbe e nelle criniere cavalline ricavate col trapano.


Il culmine drammatico del ciclo si raggiunge nella Crocefissione, di grande rigore compositivo, dove quasi tutti i personaggi convergono lo sguardo al Cristo morto. Nicola relegò al secondo piano l'iconografia tradizionale (la personificazione dell'Ecclesia accolta da un angelo, contrapposta a quella della sinagoga scacciata), dedicandosi nel primo piano ad un complesso schema di emozioni suscitate dalla morte del Cristo: dal notevole pathos dato dalle realistiche espressioni di dolore (per esempio di San Giovanni, che la il "gesto del dolore", portando la mano al petto), all'inedita rappresentazione della Madonna svenuta (derivata da fonti letterarie francescane) o alla verace espressione dubbiosa del fariseo sulla destra che si tocca pensoso la barba, vicino a un compagno che alza il pugno minaccioso. Tra gli ebrei, secondo il Vangelo di Luca (che fu la fonte di Nicola), c'è chi solo tornando a casa si rese conto che "veramente quest'uomo era giusto" (Lc 23, 37), come dimostra l'ultima figura, che si sbilancia verso l'esterno (sta andando via), ma si volta e si batte il petto per esprimere il rimorso.

Rispetto alla Deposizione nella lunetta del portale sinistro del duomo di Lucca, qui il Cristo è meno dolorosamente inerme, anzi il magnifico modellato del corpo ne trasfigura la regale bellezza duplicemente umana e divina.

Da Wikipedia: Pulpito del battistero di Pisa

Bibliografia:
Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.
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