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Altare di Sant'Ambrogio (Milano)

Titolo dell'opera: Altare di Sant'Ambrogio
Autore: Vuolvino
Anno di esecuzione: 824 -850
Luogo: Milano



L'altare di Sant'Ambrogio è l'altare principale della basilica di Sant'Ambrogio a Milano. L'altare è fulcro della ristrutturazione che il vescovo franco Angilberto II compie in Sant'Ambrogio . L'antica basilica, con il suo patrimonio di reliquie, è il luogo in cui si manifesta il programma politico e religioso che guida la riorganizzazione della città e del territorio da parte del vescovo, rappresentate del potere carolingio.
Realizzato tra l'824 e l'859. L'altare è firmato da Vuolvino magister phaber (detto anche Volvinio), per questo viene anche chiamato Altare di Vuolvino. È un autentico capolavoro dell'oreficeria di epoca carolingia, ed è realizzato in legno a cui sono state sovrapposte lastre d'oro e d'argento dorato, pietre preziose e smalti.

Collocato sotto un ciborio coevo, doveva rappresentare un segnale vistoso della presenza delle reliquie dei santi Gervasio e Protasio e dello stesso Ambrogio, collocate al di sotto dell'altare stesso e visibili tuttora da una finestrella sul lato posteriore.

Oggi è protetto da una teca trasparente.


La forma di grande parallelepipedo doveva ricordare sin da allora una cassa-sarcofago, ma non venne progettato per contenere i resti dei santi. Le quattro facce laterali sono decorate da pannelli a loro volta suddivisi in storie più piccole.

Le storie sono divise da ricche cornici con motivi a filigrana e pietre incastonate, e anche in altri punti sono sparse una gran quantità di gemme e placchette policrome in smalto cloisonné. La tecnica di realizzazione dei rilievi è quella dello sbalzo.
Il lato anteriore, in oro, è rivolto verso i fedeli e diviso in tre pannelli di uguale grandezza. Quello centrale contiene una croce detta clipeata, per la presenza al centro di un ovale che contiene il Cristo Pantocratore in trono. In corrispondenza dei bracci è raffigurato il tetramorfo, ossia i simboli dei quattro evangelisti (in alto l'aquila di Giovanni, a sinistra il leone di Marco, a destra il bue di Luca e in basso l'angelo di Matteo); nei quattro pannelli d'angolo sono raffigurati a gruppi di tre gli apostoli.

I due pannelli laterali presentano sei riquadri ciascuno. Vi sono raffigurate le Storie di Cristo, con una disposizione delle scene che inizia sul lato sinistro, nell'angolo in basso esterno e prosegue in colonna verso l'alto, per poi riprendere in basso nella colonna successiva. Poi la lettura prosegue sul lato opposto, sempre iniziando dall'esterno, per convogliare comunque l'osservatore verso la croce al centro, simbolo di Salvezza.

Il lato posteriore, in argento e rivolto verso l'abside, quindi riservato al clero e a coloro ai quali era concesso di vedere la tomba del santo titolare, presenta la stessa tripartizione, però al centro vi sono i due sportelli che chiudono la finestrella (fenestrella confessionis), ciascuno decorato da due tondi con un arcangelo (Michele a sinistra e Gabriele a destra) e una scena di omaggio: Ambrogio che incorona Angilberto che gli presenta l'altare a sinistra e Ambrogio che incorona Vuolvino magister phaber, che lo venera a destra.

I pannelli laterali rappresentano dodici scene con le Storie di Sant'Ambrogio, ma questa volta la lettura procede, sempre partendo dal basso, da sinistra a destra saltando da un pannello all'altro e riprendendo nella fila superiore a destra.

I due lati minori presentano un'intelaiatura geometrica formata una grande croce gemmata al centro con clipei all'estremità dei quattro bracci e chiusa in una losanga; intorno alla losanga vi sono dei piccoli triangoli che incorniciano angeli adoranti; nei vuoti lasciati dai bracci della croce e nei clipei figure di santi prostrati adorano la croce, simbolo della consustanziazione di Cristo (insieme uomo e Dio) e della lotta contro l'Arianesimo ripresa anche in alcune scene dei pannelli posteriori (Conversione di un ariano, funerali di san Martino). Placchette di smalti policromi e gemme (alcune originarie, altre poste successivamente) adornano le cornici.

Maestri delle Storie di Cristo

L'altare presenta una concezione unitaria, ma è certo che alla sua esecuzione presero parte più mani.

I cosiddetti Maestri delle Storie di Cristo erano probabilmente lombardi, come si desume dalla grande varietà di influssi riscontrabili nei pannelli all'epoca possibili solo in questa regione:

Scene organizzate con complesse partiture, come in modelli tardo-antichi individuabili anche negli affreschi del Monastero di San Giovanni a Müstair;
Finte architetture, elementi paesistici a volo d'uccello e mimica marcata come negli affreschi della cripta di Saint-Germain d'Auxerre;
Vivace senso narrativo delle scene, come nelle miniature della scuola di Reims;
Elementi grotteschi, fisionomia stravolte (come quelle dei mercanti nella Cacciata), effetti naturalistici delle rocce o di dettagli (come la capanna del cieco nella Guarigione), presenti nella coeva miniatura costantinopolitana.
La narrazione si esaurisce in genere in ciascuna formella, e è interessante notare come la scelta di alcune scene ribadisca la natura umana e divina del Cristo, in opposizione all'arianesimo, secondo una lotta promossa in quegli anni proprio da Angilberto.


Lo stile della parte posteriore, attribuita a Vuolvinio stesso, è più austero ed essenziale, con gesti eloquenti delle figure, ma mai dinamici. Le figure inoltre si stagliano su sfondo neutro, con corpi plastici e dal panneggio fasciante. Numerosi sono qui i rimandi tra scena e scena nei vari pannelli, che a differenza del lato anteriore, creano una lettura più concatenata, come in un unico racconto.

Le scene raffigurate da Vuolvinio erano spesso inedite, per cui dovette inventarsi nuove impostazioni senza precedenti iconografici definiti. Anche qui, più che nel lato anteriore, si leggono alcuni temi con riflessi prettamente politici e ideologici voluti da Angilberto:

L'elezione divina di Ambrogio e quindi di riflesso della Chiesa milanese, nelle scene del Miracolo delle api, di Ambrogio richiamato a Milano e di Cristo che visita il santo malato.
La polemica anti-ariana, nelle scene della Conversione di un ariano e dei Funerali di San Martino (San Martino di Tours è un santo che si dedicò strenuamente alla lotta dell'arianesimo);
La fondazione del diritto del vescovo a detenere il potere sulla città, con Ambrogio raffigurato come prototipo del missus dominicus degli imperatori carolingi.
Inusitata è la raffigurazione dell'artefice sugli sportelli a pari livello del vescovo, che testimonia il grande prestigio e la dignità che egli doveva godere quale magister.

Altro aspetto degno di nota è la presenza all'interno delle formelle di elementi appartenenti alla quotidianità del Santo, come le sue ciabattine posizionate sotto la sua branda. All'interno di ogni formella compare inoltre una didascalia in latino che racconta brevemente cosa sta avvenendo nella scena.


Bibliografia
Pierluigi De Vecchi, Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Milano, Bompiani, 1999, ISBN 978-88-451-7107-9.
Giorgio Cricco, Francesco Paolo di Teodoro, Itinerario nell'arte, volume 2 (versione gialla), Bologna, Zanichelli, 2006, ISBN 978-88-08-24056-9.

Biografie: Vuolvinio

Vuolvino o Volvinio (in latino Magister phaber Volvinius) (... – ...) è stato un orafo germanico del IX secolo, autore dell'Altare di Sant'Ambrogio nella basilica di Sant'Ambrogio a Milano. È uno dei più antichi esempi di artista italiano che dopo l'età classica abbia lasciato la propria firma su un'opera.

L'altare, firmato e databile tra l'824 e l'860, fu commissionato dal vescovo di Milano Angilberto II, il quale fece costruire anche l'abside e il ciborio nella basilica di Sant'Ambrogio. L'altare, autentico capolavoro dell'oreficeria di epoca carolingia, è autografo di Vuolvino almeno per la parte posteriore, mentre la parte anteriore, che differisce stilisticamente, è attribuita a dei generici Maestri delle Storie di Cristo. A Volvinio dovette comunque probabilmente spettare l'organizzazione di tutta l'opera, essendo solo la sua firma a comparire.

Il lato posteriore, in argento e rivolto verso l'abside, quindi riservato al clero e a coloro ai quali era concesso di vedere la tomba del santo titolare, presenta la stessa tripartizione del lato anteriore, però al centro vi sono i due sportelli che chiudono la finestrella, ciascuno decorato da due tondi con un arcangelo (Michele a sinistra e Gabriele a destra) e una scena di omaggio: Ambrogio che incorona Angilberto che gli presenta l'altare a sinistra e Ambrogio che incorona Vuolvino magister phaber, che lo venera a destra, quindi il committente e l'artefice dell'opera.


Lo stile di Vuolvino è più austero ed essenziale, rispetto al lato anteriore, con gesti eloquenti delle figure, ma mai dinamici. Le figure inoltre si stagliano su sfondo neutro (nel lato anteriore esiste uno sfondo a paesaggio nelle scene), con corpi plastici e dal panneggio fasciante. Numerosi sono qui i rimandi tra scena e scena nei vari pannelli, che a differenza del lato anteriore, creano una lettura più concatenata, come in un unico racconto.

Le scene raffigurate da Vuolvino erano spesso inedite, per cui dovette inventarsi nuove impostazioni senza precedenti iconografici definiti. Anche qui, più che nel lato anteriore, si leggono alcuni temi con riflessi prettamente politici ed ideologici voluti da Angilberto:

L'elezione divina di Ambrogio e quindi di riflesso della Chiesa milanese, nelle scene del Miracolo delle api, di Ambrogio richiamato a Milano e di Cristo che visita il santo malato.
La polemica anti-ariana, nelle scene della Conversione di un ariano e dei Funerali di San Martino (San Martino di Tours è un santo che si dedicò strenuamente alla lotta dell'arianesimo);
La fondazione del diritto del vescovo a detenere il potere sulla città, con Ambrogio raffigurato come prototipo del missus dominicus degli imperatori carolingi.
Inusitata è la raffigurazione dell'artefice sugli sportelli a pari livello del vescovo, che testimonia il grande prestigio e la dignità che egli doveva godere quale magister.

Altro aspetto degno di nota è la presenza all'interno delle formelle di elementi appartenenti alla quotidianità del Santo, come le sue ciabattine posizionate sotto la sua branda. All'interno di ogni formella compare inoltre una didascalia in latino che racconta brevemente cosa sta avvenendo nella scena.

Da Wikipedia: Vuolvino

Bibliografia
Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.