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Basiliche: San Zeno (Verona)

Titolo dell'opera: Basilica di San Zeno
Autore: vari
Anno di esecuzione: X - XI Secolo
Luogo: Verona




La basilica di San Zeno a Verona è considerata uno dei capolavori del romanico in Italia. Si sviluppa su tre livelli e l'attuale struttura fu impostata nel X-XI secolo. Il nome del santo viene talvolta riportato in altri due modi, e così viene talvolta nominata la basilica di Verona: San Zeno Maggiore o San Zenone. Tra le numerose opere d'arte, ospita un capolavoro di Andrea Mantegna, la pala di San Zeno.

San Zeno morì nel 380. Nella cronologia della chiesa veronese fu l'ottavo vescovo. Lungo la via Gallica, nella zona dell'attuale chiesa, vi era il cimitero dove il santo fu sepolto. Sulla tomba fu edificata una piccola chiesetta da Teodorico il Grande, re ariano. La leggenda vuole che dopo la devastante piena dell'Adige del 589 l'inondazione si bloccò sulla soglia della chiesa, risparmiando i fedeli. Paolo Diacono riporta l'episodio nella sua Historia Langobardorum, specificando che avvenne al tempo del re Autari. La prima chiesa fu distrutta nel IX secolo. Venne subito ricostruita per volere del vescovo Rotaldo e di re Pipino d'Italia su progetto dell'arcidiacono Pacifico. Questa nuova chiesa fu distrutta dagli Ungari all'inizio del X secolo. Dopo una breve traslazione nella cattedrale di Santa Maria Matricolare, il 21 maggio 921 il corpo di san Zeno fu riportato nella cripta che oggi è il livello più basso della basilica. La cerimonia fu molto importante, si decise che il trasporto della salma fosse affidato ai santi eremiti Benigno e Caro, considerati a quel tempo i soli degni di toccare il corpo del santo. Alla cerimonia erano presenti il re, il vescovo locale, e quelli di Cremona e di Salisburgo. San Zeno è uno dei santi a cui è stato cambiato più volte il giorno della commemorazione, dal 2004 la diocesi ed il comune di Verona hanno deciso di celebrarlo nella data della traslazione del suo corpo nell'attuale sede, al fine di non sovrapporlo alle feste pasquali e di poter dedicare un periodo più lungo ai festeggiamenti. La chiesa prende l'attuale forma e struttura, rispettando i canoni dello stile romanico veronese, sotto il vescovo Raterio, che ottenne i fondi per la costruzione dall'imperatore tedesco Ottone I nel 967. La chiesa fu danneggiata dal terremoto del 3 gennaio 1117 che colpì e danneggiò gravemente molte città del nord Italia, e nel 1138 venne e ingrandita. La sistemazione che è arrivata ai giorni nostri fu finita nel 1398 a cura degli architetti Giovanni e Nicolò da Ferrara con rifacimenti del soffitto e dell'abside in stile gotico.

Biografie: Niccolò (scultore)

Nicholaus, Niccolò (... – ...), è stato uno scultore italiano attivo tra il 1122 e il 1139 e fu tra i principali maestri italiani in epoca romanica.

Allievo o comunque conoscitore di Wiligelmo, è il primo maestro del quale si conosca un corpus di opere firmate, ben cinque, che permettono di ricostruire i suoi spostamenti attraverso l'Italia settentrionale.

La prima opera firmata è del 1122 e consiste nel portale di destra della facciata del Duomo di Piacenza, dove sono raffigurate le Storie di Cristo sull'architrave, mentre l'archivolto presenta complessi motivi vegetali e geometrici (non è scolpita la lunetta, secondo lo stile italiano più arcaico). Il suo stile è caratterizzato da un'efficace narrazione, ma da un rilievo piuttosto schiacciato, che è bilanciato da una maggiore raffinatezza nei dettagli e un preziosismo quasi "pittorico". Questo stile ebbe un largo seguito a Piacenza, come negli anonimi artisti delle formelle dei Paratici, nella navata centrale della basilica, che rappresentano le corporazioni di arti e mestieri che avevano finanziato la costruzione della cattedrale.

La seconda testimonianza di Nicolaus si trova nella sacra di San Michele, in Val di Susa, in Piemonte, dove verosimilmente lavorò tra il 1120 e il 1130. Vi si trova un protiro altissimo a più piani, dal quale si accede allo Scalone dei Morti, così chiamato perché anticamente era fiancheggiato dalle tombe. Qui si trova la Porta dello zodiaco, con gli stipiti decorati da rilievi dei segni zodiacali, che all'epoca erano un modo per rappresentare lo scorrere del tempo (quindi una sorta di memento mori). In questi rilievi, simili a quelli dei popoli fantastici nella Porta dei Principi di Modena, si riscontrano influenze del linearismo della scuola scultorea di Tolosa.

Nel 1135 Niccolò si trovava al Duomo di Ferrara per lavorare di nuovo a un protiro, dove per la prima volta venne scolpito anche il timpano, come si faceva già da un paio di decenni in Francia. Di sua mano sono la Statua di san Giorgio, protettore di Ferrara, e le Scene del Nuovo Testamento. Studi recenti gli attribuiscono anche il timpano del portale della Chiesa di San Romano.

Nel 1138 era nel cantiere della Basilica di San Zeno a Verona, ancora a lavoro a un timpano, del quale resta anche la policromia. All'interno, nella lunetta alcune scene dedicate alla storia cittadina di quei tempi. Vi è la consacrazione del comune veronese libero finalmente dalle servitù feudali verso l'impero tedesco. Al centro della lunetta si trova un San Zeno benedicente mentre calpesta il demonio che simboleggia il paganesimo sconfitto simbolo anche del coevo potere imperiale identificato come il male. Ai lati di San Zeno sulla destra i rappresentanti della nobiltà veronese e delle famiglie dei mercanti a cavallo (gli equites) e a sinistra i rappresentanti del popolo, dei fanti armati (i pedites). San Zeno, nella scena, consegna una bandiera ai veronesi, una sorta di investitura di derivazione sacra, l'affresco è accompagnato da una scritta in latino: Il Vescovo dà al popolo la bandiera degna di essere difesa / San Zeno dà il vessillo con cuore sereno. Sotto la lunetta sono presenti alcuni bassorilievi che rappresentano i miracoli compiuti da san Zeno: l'esorcismo sulla figlia di Gallieno preda del demonio; un uomo salvato mentre precipitava nell'Adige su un carro; e i pesci che san Zeno pescatore donava.

Forse sono opere sue e della sua cerchia anche le scene dei pannelli di destra del portale:

Re Teodorico a cavallo e il cervo che lo guida all'inferno, forse da questi bassorilievi il Carducci trovò l'ispirazione
Scene della Genesi, derivate da quelle di Wiligelmo nel Duomo di Modena
Dio crea gli animali, Adamo, Eva;
Il peccato originale,
La cacciata dal paradiso terrestre
La condanna al lavoro.
Sopra fra le cariatidi, un leone e un ariete, un centauro e un cane musicisti che suonano.
Infine nel 1139 troviamo le ultime sue opere nel Duomo di Verona: una Madonna in Trono, un'Annunciazione ed un'Adorazione dei Magi sempre nel portale.

Da Wikipedia: Niccolò (scultore)

Bibliografia

Christine Verzár Bornstein, Portals and politics in the early Italian city-state. The sculpture of Nicholaus in context, Parma, Istituto di Storia dell'Arte Centro di Studi Medievali, 1988.
Evelyn Kain, The sculpture of Nicholaus and the development of a North Italian romanesque workshop, Wien, Böhlau, 1986.
Nicholaus e l'arte del suo tempo, atti del convegno (Ferrara, 1981) a cura di A. M. Romanini, 3 voll., Ferrara, Corbo, 1985.
Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.