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Architetti: Lanfranco


Lanfranco (XI secolo – XII secolo) è stato un architetto italiano, medievale, la cui opera consacrante fu il progetto del Duomo di Modena. La sua paternità è confermata dalla lapide murata all'esterno dell'abside maggiore, che oltre al suo nome reca anche la data d'inizio dei lavori, il 23 maggio 1099.


Si ritiene che provenisse dalla diocesi di Como, guardando a dati stilistici che includono la sua opera nella zona di influenza del romanico lombardo. Nella lapide che lo nomina egli viene indicato (in latino) come "celebre per il suo ingegno, sapiente e dotto".

Anche in una cronaca del tempo, la Relatio de innovatione ecclesie Sancti Geminiani del coevo canonico Aimone, conservata nell'Archivio Capitolare, si afferma che l'architetto del Duomo di Modena fu Lanfranco, il quale viene anche raffigurato in alcuni disegni che corredano il testo: in vesti ricche rispetto a quelle umili degli operai tiene in mano la verga del comando e dirige i lavori degli scavi per le fondamenta e dell'erezione di una parete.

Lanfranco dirige i lavori della cattedrale di Modena
A lui si affiancò presto lo scultore Wiligelmo che, non solo lavorò assieme ai suoi allievi e seguaci alla decorazione della chiesa, ma collaborò in armonia alla direzione dei lavori partendo dalla facciata, mentre Lanfranco partì dalle absidi, stando all'interpretazione di un'analoga lapide presente sulla facciata del Duomo e dedicata proprio a Wiligelmo.

Il motivo fondamentale della sua architettura viene individuato nella serie continua di loggette che cingono tutt'intorno il Duomo, entro arcate cieche. Questo motivo è ripetuto all'interno per la serie dei falsi matronei.











Da Wikipedia: Lanfranco (architetto)

Bibliografia
  • Giuseppe Merzario, I maestri Comacini. Storia artistica di mille duecento anni (600-1800), Milano 1893, I, 135-136.
  • V. Zanolini, Per la storia del Duomo di Trento, in Atti della i. R. Accademia degli Agiati in Rovereto, a.a., CXLIX, S. III, Volume V, f. II, 1899.
  • S. Weber, I Maestri Comacini a Trento, in Rivista Tridentina, VIII, 1908.
  • Ugo Donati, Breve storia di artisti ticinesi, Arturo Salvioni & Co. Editori, Bellinzona 1936, 26.
  • Gian Pietro Bognetti, I magistri Antelami e la Valle 'intelvi, in Periodico Storico Comense, II, n.s. 1938, 1-56.
  • Idem, Gli Antelami e la carpenteria da guerra, in Munera. Scritti in onore di Carlo Castiglioni, Milano 1944, 217.
  • F. Gandolfo, Antelami, Magistri, (ad vocem) in Enciclopedia dell'Arte Medievale, II, Roma 1991, 68-70.
  • A. Peroni, Il Duomo di Trento e il mito moderno della cattedrale, in Il Duomo di Trento, a cura di Enrico Castelnuovo e A. Peroni, Trento 1992.
  • Saverio Lomartire, Note sui primi interventi campionesi nel Duomo di Trento, in Maestri Campionesi, a cura di Rossana Bossaglia e Gian Alberto Dell'Acqua, Bergamo 1992.
  • Idem, Magistri Campionesi a Bergamo nel Medioevo da Santa Maria Maggiore al Battistero, in Giorgio Mollisi (a cura di), Svizzeri a Bergamo nella storia, nell'arte, nella cultura, nell'economia dal '500 ad oggi. Campionesi a Bergamo nel Medioevo, Arte&Storia, anno 10, numero 44, settembre-ottobre 2009, 92-103 (con ampia bibliografia), 56.
  • Idem, Comacini, Campionesi, Antelami, "Lombardi". Problemi di terminologia e di storiografia, in Atti del Convegno internazionale Els Comacini i l'arquitectura romanica a Catalunya, (Girona/Barcellona, 25-26 novembre 2005), 2009.
  • AA.VV., I Magistri Commacini. Mito e realtà nel Medioevo lombardo, in Atti del 19º Congresso internazionale di Studi (Como-Varese, 23-25 ottobre 2008), Spoleto 2009.


Biografie: Wiligelmo


Wiligelmo (XI secolo – XII secolo) è stato uno scultore italiano, uno dei primi a firmare le proprie opere in Italia.

Originario della diocesi di Como come Lanfranco, scolpì i rilievi del duomo di Modena verso il 1099 e probabilmente fu anche l'architetto responsabile dell'edificazione della facciata e della parte anteriore della cattedrale modenese. È il più importante maestro della scultura romanica in Italia, dotato nelle sue opere di una forza vitale e di un senso della narrazione inarrivabile per i suoi seguaci, superato pienamente forse solo da Nicola Pisano, oltre un secolo più tardi.

Molto probabilmente era un artigiano che teneva bottega a Modena, con diversi discepoli, anch'essi intervenuti nella decorazione del duomo (sono tutti anonimi e vengono indicati nelle pubblicazioni d'arte coi nomi di Maestro di Artù, Maestro di San Geminiano, Maestro delle Metope). Il suo nome ci perviene da una scritta in caratteri diversi (sicuramente postuma) posta sotto la lastra della facciata del duomo, indicante la data di fondazione della chiesa che elogia nel latino dell'epoca la sua opera di scultore: «"Quanto tra gli scultori/tu sia degno di onore/è chiaro ora, o Wiligelmo/per le tue opere"». La scritta è sorretta dalle figure di Enoch ed Elia, profeti che furono assunti in cielo senza morire, per dimostrare maggiormente l'immortalità di cui godrà l'autore per il suo lavoro. Doveva anche godere di una notevole considerazione, se il popolo modenese che voleva costruire una notevole cattedrale lo cercò fuori Modena, come aveva fatto per l'architetto Lanfranco, fatto venire probabilmente dalla diocesi di Como.




Fra i più noti rilievi di Wiligelmo vi sono quelli di Storie della Genesi, oggi inseriti appunto nella facciata del Duomo di Modena. Anticamente, è probabile che abbiano fatto parte del prospetto del pontile della chiesa, ovverosia il parapetto del presbiterio. Da essi, comunque sia, vediamo emergere le qualità dell'autore: aderenza al tema trattato, espressività, sinterizzazione, essenzialità. Gli ambienti non vengono descritti: i soggetti vengono piuttosto colti in azione, esaltando la loro esistenza. Esempio tipico è quello del cieco Lamech che uccide Caino: la cecità è resa mirabilmente dal suo atteggiamento. Il tutto costituisce una narrazione sommaria.

















Si osservi, poi, La creazione della donna, dove l'ambiente in cui avviene l'episodio è indicato da una roccia tondeggiante, che rappresenta le acque del fiume Paradiso, oppure la figurazione degli antipodi attribuita al Maestro delle metope sul capitello depositato nel lapidario del duomo modenese.