Biografie: Marco Romano

Marco Romano (Roma, seconda metà del XIII secolo – Venezia, dopo il 1318) è stato uno scultore italiano.

Scultore itinerante operante in Toscana, Lombardia e Veneto, l'unica opera firmata pervenuta è il san Simeone profeta della chiesa di San Simeone Grande a Venezia. Il suo catalogo fu ricostruito nel 1984 da Giovanni Previtali.

San Simeone Grande
Lavorò nel cantiere di Giovanni Pisano per il duomo di Siena, scolpendo le figure del portale della controfacciata. Chiamato a Cremona da Ranieri Aringhieri, vescovo della città, realizza i santi Imerio e Omobono, oltre alla Vergine col bambino, nel protiro della cattedrale. Dopo il 1309, anno della morte di Beltramo Aringhieri detto messer Porrina, fratello del vescovo cremonese, scolpisce il monumento funebre nella Collegiata di Santa Maria Assunta a Casole d'Elsa (SI), paese d'origine della committenza. Nel 1318 è a Venezia dove firma il san Simeone nella chiesa di San Simeone profeta a Venezia, firma apposta in un'iscrizione stilisticamente prossima a quella apparsa nel monumento funebre del vescovo Tommaso d'Andrei scolpita da Gano di Fazio attorno al 1303, sempre nella collegiata di Casole.

In netta opposizione con la tensione drammatica della scultura di Giovanni Pisano, Marco Romano si contraddistingue per una forte componente naturalistica di matrice gotica transalpina. Le sue capacità ritrattistiche lo rendono uno dei maggiori artisti operanti a Siena all'inizio del Trecento.

Da Wikipedia: Marco Romano (scultore)

Bibliografia

Laura Di Calisto, MARCO Romano in Dizionario Biografico degli Italiani, 69/LXIX volume, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2007. URL consultato il 06-02-2014.
(EN, IT) Alessandro Bagnoli (a cura di), Marco Romano e il contesto artistico senese fra la fine del duecento e gli inizi del trecento (catalogo della mostra), Milano, Silvana Editoriale, 2009, ISBN 9788836617098.
Clario Di Fabio, Memoria e modernità. Della propria figura di Enrico Scrovegni e di altre sculture nella cappella dell’Arena di Padova, con aggiunte al catalogo di Marco Romano, in Medioevo: immagine e memoria, I convegni di Parma, 11, atti (Parma, 23-26 settembre 2008), a cura di Arturo Carlo Quintavalle, Milano 2009, pp. 532-546

Basiliche: San Zeno (Verona)

Titolo dell'opera: Basilica di San Zeno
Autore: vari
Anno di esecuzione: X - XI Secolo
Luogo: Verona




La basilica di San Zeno a Verona è considerata uno dei capolavori del romanico in Italia. Si sviluppa su tre livelli e l'attuale struttura fu impostata nel X-XI secolo. Il nome del santo viene talvolta riportato in altri due modi, e così viene talvolta nominata la basilica di Verona: San Zeno Maggiore o San Zenone. Tra le numerose opere d'arte, ospita un capolavoro di Andrea Mantegna, la pala di San Zeno.

San Zeno morì nel 380. Nella cronologia della chiesa veronese fu l'ottavo vescovo. Lungo la via Gallica, nella zona dell'attuale chiesa, vi era il cimitero dove il santo fu sepolto. Sulla tomba fu edificata una piccola chiesetta da Teodorico il Grande, re ariano. La leggenda vuole che dopo la devastante piena dell'Adige del 589 l'inondazione si bloccò sulla soglia della chiesa, risparmiando i fedeli. Paolo Diacono riporta l'episodio nella sua Historia Langobardorum, specificando che avvenne al tempo del re Autari. La prima chiesa fu distrutta nel IX secolo. Venne subito ricostruita per volere del vescovo Rotaldo e di re Pipino d'Italia su progetto dell'arcidiacono Pacifico. Questa nuova chiesa fu distrutta dagli Ungari all'inizio del X secolo. Dopo una breve traslazione nella cattedrale di Santa Maria Matricolare, il 21 maggio 921 il corpo di san Zeno fu riportato nella cripta che oggi è il livello più basso della basilica. La cerimonia fu molto importante, si decise che il trasporto della salma fosse affidato ai santi eremiti Benigno e Caro, considerati a quel tempo i soli degni di toccare il corpo del santo. Alla cerimonia erano presenti il re, il vescovo locale, e quelli di Cremona e di Salisburgo. San Zeno è uno dei santi a cui è stato cambiato più volte il giorno della commemorazione, dal 2004 la diocesi ed il comune di Verona hanno deciso di celebrarlo nella data della traslazione del suo corpo nell'attuale sede, al fine di non sovrapporlo alle feste pasquali e di poter dedicare un periodo più lungo ai festeggiamenti. La chiesa prende l'attuale forma e struttura, rispettando i canoni dello stile romanico veronese, sotto il vescovo Raterio, che ottenne i fondi per la costruzione dall'imperatore tedesco Ottone I nel 967. La chiesa fu danneggiata dal terremoto del 3 gennaio 1117 che colpì e danneggiò gravemente molte città del nord Italia, e nel 1138 venne e ingrandita. La sistemazione che è arrivata ai giorni nostri fu finita nel 1398 a cura degli architetti Giovanni e Nicolò da Ferrara con rifacimenti del soffitto e dell'abside in stile gotico.

Biografie: Buscheto

Buscheto (Pisa, XI secolo – XII secolo) è stato un architetto italiano.

Noto anche col nome italianizzato di Buscheto o Buschetto, si sa molto poco di lui, figlio del giudice cavalier Giovanni. Le documentazioni storiche attestano la sua presenza come procuratore della Canonica e come membro dell'Opera del Duomo di Pisa.

A lui, quindi, vennero affidati i lavori di costruzione del Duomo di Pisa, iniziati nel 1064 sp e che in data 1110 egli era ancora in vita, come riportato da alcuni documenti conservati negli archivi dell'Opera della Primaziale Pisana.

Tenendo conto della vita media di una persona del XII secolo, Buscheto iniziò giovanissimo la sua carriera di architetto, e probabilmente il Duomo fu la sua unica opera. Pare però [1] che tutta il complesso monumentale, a parte il Campo Santo rientri in un suo progetto originario e poi proseguito da altri autori dopo la sua morte, tra i quali Diotisalvi e Rainaldo. Non va dimenticato, comunque, che nel 1100 il coro e la zona absidale furono già completati, che la cattedrale fu consacrata, seppur ancora incompleta, nel 1118 e che il completamento della struttura fu eseguito intorno alla metà del secolo.

Il suo nome, o soprannome, è di presumibile origine greca e lui stesso era di probabile origine bizantina, forse armena.[2] L'influenza dell'arte di quei luoghi la si può vedere chiaramente nello stile particolarissimo del romanico che lui dette alla Cattedrale.

Busketus, tentando una traduzione del nome, potrebbe significare colui che ha i buoi. Probabilmente perché disponeva delle macchine che tali animali azionavano e di cui si servì nel suo lavoro. L'epitaffio posto sulla facciata del Duomo, dove riposano le sue spoglie, lo ricorda per l'appunto come un magister cum machinis

L'opera progettata da Buscheto amalgamò motivi paleocristani (cinque navate con fulcro la zona centrale e prospettive longitudinali estese), con elementi della scuola lombarda (loggette esterne), bizantini (archi interni rialzati e cupola ben visibile dall'esterno), siriaci (cupola ovoidale), orientaleggianti (archeggiatura diffusa) e islamici (arconi sorreggenti la cupola).


La lapide che accompagna la tomba, un sarcofago di epoca romana, e che lo elogia come nuovo Dedalo riporta le seguenti parole:

BUSKET. IACET HIC QUI MOTIB. INGENIORÛ

DULICHIO FUR PREVALUISSE DUCI
MENIB. ILIACIS CAUTUS DEDIT ILLE RUINÂ
HUIUS AB ARTE VIRI MENIA MIRA VIDES
CALLIDITATE SUA NOCUIT DUX INGENIOS.
UTILIS ISTE FUIT CALLIDITATE SUA
NIGRA DOM. LABERINTHUS ERAT TUA DEDALE LAUS E.
AT SUA BUSKETÛ SPLENDIDA TEMPLA PROBANT
N. HABET EXÊPLÛ NIVEO DE MARMORE TÊPLÛ
QUOD FIT BUSKETI PRORSUS AB INGENIO
RES SIBI COMISSAS TEMPLI CÛ LEDERET HOSTIS
PROVIDUS ARTE SUI FORTIOR HOSTE FUIT
MOLIS ET IMMENSE PELAGI QUAS TRAXIT AB IMO
FAMA COLUMNARUM TOLLIT AD ASTRA VIRUM
EXPLENDIS A FINE DECEM DE MENSE DIEBUS
SEPTEMBRIS GAUDENS DESERIT EXILIUM

QD VIX MILLE BOÛ POSENT IUGA IUNCTA MOVE ET QUOD VIX POTUIT PER MARE FERRE RATIS
BUSKETI NISU QD ERAT MIRABILE VISU DENA PUELLARÛ TURBA LEVABAT ONUS

Da Wikipedia: Buscheto