I Maestri: Maestro delle Vitae Imperatorum

Maestro delle Vitae Imperatorum
Specializzazione: miniatore italiano, attivo in Lombardia tra il 1430 ed il 1450.


Il nome di Maestro delle Vitae Imperatorum si deve a Pietro Toesca, che ne identificò la mano nel codice delle Vitae Imperatorum di Svetonio, conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi (manoscrito n. 131) e risalente al 1431. Il Maestro fu a capo di una fiorente bottega milanese, che ebbe numerosi incarichi da parte di Filippo Maria Visconti, duca di Milano dal 1412 al 1447. Per il Signore di Milano il Maestro, con il supporto della bottega, produsse un Inferno di Dante, risalente al 1438 circa ed ora diviso tra la Biblioteca Nazionale di Parigi, la Biblioteca Civica di Imola ed una collezione privata. Per la sposa del duca produsse, probabilmente in collaborazione con Belbello da Pavia, la Bibbia di Maria di Savoia, conservata al a Chambery, alla Biblioteca Municipale.

Molto probabilmente nella stessa bottega operò anche il Maestro Olivetano, per molto tempo confuso con lo stesso Maestro, ma oggi pienamente riconosciuto e i suoi lavori divisi da quelli del Maestro delle Vitae Imperatorum. Per entrambi furono importanti le influenze derivanti dal Pisanello.








Altre opere principali del Maestro delle Vitae Imperatorum sono:
  • Collectarum Orationum, Biblioteca Capitolare, Milano, risalente al 1420-1430;
  • Officium Beatiae Virgini, Biblioteca Universitaria, Bologna, risalente al 1445-1450;
  • Liber Meditationum, Biblioteca Trivulziana, Milano;
  • Messale, Biblioteca Braidense, chiesa di Santo Stefano in Brolo, Milano;
  • Dittamondo di Fazio degli Uberti, Biblioteca Nazionale, Parigi.


Bibliografia
Pietro Toesca, La Pittura e la Miniatura nella Lombardia, Milano, 1912, pag. 528
Ernst Gombrich - Dizionario della Pittura e dei Pittori - Einaudi Editore (1997)

Filippo Rusuti

Biografie: Filippo Rusuti

Filippo Rusuti (1255 circa – 1325 circa) è stato un pittore italiano, attivo a Roma fra il 1288 e il 1297 e a Napoli intorno al 1320.

Di questo pittore conosciamo molto poco; apparteneva, insieme a Jacopo Torriti e Pietro Cavallini, alla cosiddetta scuola romana attiva alla fine del XIII secolo.

Agli inizi della sua attività fu presente nella decorazione a fresco della Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi, forse a fianco o al seguito di Jacopo Torriti: gli sono state attribuite alcune parti delle Storie della Genesi, in particolare la Creazione di Adamo ed Eva e forse la Costruzione dell'arca.

La sua unica opera firmata è il registro superiore della decorazione musiva dell'antica facciata della chiesa romana di Santa Maria Maggiore, dove la presenza del cardinale Pietro Colonna ci consente di datare il mosaico tra il 1288 e il 1297[1]. Gli storici dell'arte ritengono che il registro inferiore dello stesso mosaico, con le Storie della fondazione della chiesa liberiana, sia da ritenersi un intervento di alcuni anni successivo e attribuibile a seguaci del Rusuti che lo realizzarono sui suoi disegni, ma in assenza del maestro. Per il resto Rusuti collaborò con Torriti anche alla decorazione interna della stessa chiesa.

Si è ricostruita una presenza di Filippo Rusuti (col figlio Giovanni e con un Nicolaus Desmerz) a Poitiers, in base ad una più attenta lettura di documenti (ora perduti) che attestano un Filippus Bizuti o piuttosto Ruzuti nel 1309, nel 1316-17[2], al servizio dei re di Francia; ma forse anche al seguito di un Colonna presso la corte papale di Avignone.

Non è escluso, comunque, che, seguendo le commissioni dei Colonna, potrebbe essere tornato a Roma entro il secondo decennio del secolo.

Infine, ancora per il tramite Colonna-Angioini, intorno al 1319 Rusuti si recò a Napoli presso la corte Angioina al seguito di Pietro Cavallini per la decorazione ad affresco della chiesa di Santa Maria Donnaregina, dove sono probabilmente sue le figure dei Profeti. Ancora a Napoli realizzò intorno al 1320 alcune scene della Vita di Cristo nella cappella Brancaccio della chiesa di San Domenico.

All'inizio di giugno 2010 l'artista e studioso Alfred Breitman ha attribuito a Filippo Rusuti, incontrando il consenso di storici dell'arte antica, il ciclo di affreschi scoperti in una torre del palazzo Senatoriale in Campidoglio.

Da Wikipedia: Filippo Rusuti

Bibliografia

F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli, 1266-1414, Roma 1969, pp. 132-135;
L. Bellosi, La pecora di Giotto, Torino 1985, pp. 20-25, 116-123;
La Pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, 2 voll., Milano, Electa, 1985, p. 435. ISBN 88-435-2096-2.
Julian Gardner, Bizuti, Rusuti, Nicolaus and Johannes: some neglected documents concerning roman artists in France, "The Burlington magazine", 1011 (June 1987), pp. 381-383
Giotto e la sua eredità, Firenze, E-ducation.it, 2007, pp. 58-60,

Stili: Cosmatesco

Stili: Cosmatesco

Lo stile cosmatesco è una definizione usata nella storia dell'arte e in architettura, relativamente a un tipo di ornamentazione caratteristica dei marmorari romani del XII e XIII secolo, consistente nell'abbellire pavimenti, cibori e chiostri mediante tarsìe marmoree policrome di forme svariate e fantasiose. Nel secolo scorso questa decorazione fu chiamata "cosmatesca" perché usata dalla famiglia dei Cosmati, così detti dal nome di un membro, Cosma, figlio di Jacopo di Lorenzo.

Lo stile cosmatesco, a rigore, deve essere riferito non solo alle tipiche ornamentazioni realizzate dagli artisti marmorari romani, sia della famiglia dei Cosmati, che delle altre famiglie coeve, come quella dei Vassalletto, dei Mellini, di magister Paulus o di Rainerius per quanto concerne i lavori decorativi degli arredi liturgici e dei pavimenti - nelle tecniche dell'opus tessellatum in tessere di paste vitree nel primo caso e in tessere lapidee nel secondo caso - ma anche allo stile della cosiddetta microarchitettura, all'interno della quale rientrano quei lavori di grande importanza come i chiostri cosmateschi, di cui esempi eccellenti sono quelli del Monastero di Santa Scolastica a Subiaco, o come quelli delle basiliche romane di San Paolo fuori le Mura, di San Giovanni in Laterano e della Basilica dei Santi Quattro Coronati.

Il termine "stile cosmatesco" può essere considerato, forse impropriamente, una estensione della definizione di "architettura cosmatesca" coniata dallo studioso Camillo Boito nell'omonimo articolo pubblicato nel 1860. A rigore, quindi, rientrerebbero nello "stile cosmatesco", anche lavori architettonici di grande respiro realizzati dai marmorari romani, come il campanile del duomo di Gaeta di Nicola d'Angelo, che non rientra però direttamente nella genealogia della famiglia dei Cosmati veri e propri, cioè della famiglia di marmorari romani iniziata con Tebaldo e proseguita dai discendenti Lorenzo, Iacopo, Cosma, ecc. Infine, l'uso improprio del termine ricorre spesso ancora oggi, nell'ambiente dei non addetti ai lavori, quando si parla di pavimenti o di decorazioni "cosmatesche" per le quali i verì Cosmati romani nulla hanno a che fare, e queste sono la maggior parte di opere, nello stesso stile, ma eseguite con caratteri diversi, soprattutto negli sviluppi delle componenti locali e di derivazione arabo-islamica, da artisti meridionale di influenza siculo-campana.

Così lo "stile cosmatesco", viene utilizzato in modo generico sia quando si parla delle opere pavimentali e decorative delle basiliche romane dove lavorarono in massima parte i veri Cosmati, sia quando ci si riferisce alle opere musive del meridione d'Italia per le quali i Cosmati non hanno meriti, se non forse quello indiretto di essere emulati da artisti per i quali essi costituirono un modello di riferimento, sebbene del classicismo romano, ma imprescindibile, data la fama che i marmorari romani avevamo raggiunto tra l'XI e il XII secolo. Lo stile cosmatesco, quindi, dovrebbe essere riferito eslcusivamente alle opere dei Cosmati della famiglia di Lorenzo di Tebaldo e sarebbe già una generalizzazione se venisse riferito anche alle famiglie di marmorari romani coeve dei Cosmati. Erroneo, perciò, sarebbe parlare di stile cosmatesco riferendosi alle opere architettoniche e decorative musive degli artisti che operarono al di fuori dell'ambito dei marmorari romani in generale, e nello specifico della famiglia dei Cosmati.

Da Wikipedia: Stile cosmatesco

Bibliografia:

Camillo Boito, Architettura Cosmatesca, Torino, 1860
Edward Hutton, The Cosmati, 1950
Guglielmo Matthiae, Componenti del gusto decorativo cosmatesco, in Rivista dell'Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell'Arte, vol. I, 1952, pp. 249-281