Visualizzazione post con etichetta Chiese. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Chiese. Mostra tutti i post

Chiesa di San Benedetto (Malles)

Titolo dell'opera: Chiesa di San Benedetto 
Autore: n.n.
Anno di esecuzione: XI Secolo
Luogo: Malles Venosta (Bolzano)


L'aspetto attuale della chiesa risale in larga parte all'XI secolo, con una torre campanaria del XII secolo decorata da monofore e bifore è tuttavia frutto di numerose trasformazioni.

Nel 1165 diviene proprietà delle monache benedettine che intitolano la chiesa a san Benedetto, non conosciamo tuttavia la dedicazione originale della chiesa. Dell'edificio carolingio costituito da pianta rettangolare e tre absidi rimangono soltanto due pareti. Infatti nel XVII secolo per motivi di stabilità vengono demolite due pareti della struttura carolingia (pareti ovest e sud). Nello stesso secolo vengono inoltre tamponate le absidi con materiali di risulta e gli affreschi vengono intonacati.

La chiesa viene sconsacrata alla fine del Settecento, utilizzata come magazzino e poi come falegnameria.

Gli affreschi furono riscoperti tra il 1913 e il 1915 dallo storico dell'arte sudtirolese-austriaco Josef Garber. Una successiva campagna di restauri fu diretta da Nicolò Rasmo tra il 1962 e il 1963.

L'opera d'arte più importante sono comunque i resti del ciclo di affreschi databili al IX secolo, tra le pochissime testimonianze della pittura parietale carolingia in Europa.

Oggi sulla parete di fondo sono presenti nuovamente le absidi che in origine contenevano probabilmente tre altari, ciascuno dedicato a un santo. L'altare centrale è dedicato alla figura di Cristo, quelli laterali a san Gregorio e a santo Stefano. Nei due pilastri che separano le nicchie rimangono degli affreschi raffiguranti probabilmente i due committenti: un ecclesiastico che offre il modellino della chiesa a Cristo e un uomo che tiene una spada per la cui identificazione è stato proposto il nome di Unfrido nominato da Carlo Magno conte della Rezia. Entrambi i committenti sono raffigurati con un'aureola quadrata (signum viventis[2]), utilizzata per i personaggi illustri ma ancora vivi. Si tratta di affreschi molto rovinati che tuttavia dovevano in origine essere incorniciati anche da decorazioni a stucco. Tra il materiale di scarto utilizzato per il tamponamento delle absidi avvenuto nel XVII secolo sono stati infatti ritrovati parti di decorazione in stucco e frammenti degli altari.

Tutta la chiesa era anticamente coperta da affreschi, ma le tracce di gran parte delle scene sono minime. Alcuni hanno ipotizzato che il ciclo raffigurasse San Gregorio che scrive omelie e Episodi della vita di Re Davide, da porre in relazione con la restaurazione imperiale di Carlo Magno stesso. Alcune testimonianze di tali affreschi si sono conservate nella parete nord tuttavia è difficile definire il significato iconografico degli episodi raffigurati.

Gli affreschi sono dovuti a due distinte personalità, il primo viene detto Maestro dei Ritratti, a cui si devonole raffigurazioni dei due committenti a lato della nicchia centrale e la decorazione della parete settentrionale, ed il secondo detto Maestro delle Nicchie, autore delle immagini delle tre absidi. Questo secondo si caratterizza per i colori vivi e contrastanti, mentre il primo possiede un maggior senso della linea e del volume ed un colore più chiaro e sfumato. Si tratta in ogni caso di personalità di altissimo livello che, soprattutto per la solenne monumentalità e per l’incisività della caratterizzazione fisionomica sono con ogni probabilità di estrazione lombarda.

Altre testimonianze di pitture dell'epoca sono straordinariamente concentrate in questa valle: nella chiesa di San Procolo a Naturno e, sul lato svizzero, nel monastero di San Giovanni di Müstair.

Da Wikipedia: Chiesa di San Benedetto (Malles)

Bibliografia:

(DE) Elisabeth Rüber, Sankt Benedikt in Mals, Francoforte, Lang, 1991. ISBN 3-631-44189-4
Ernst Gombrich - Dizionario della Pittura e dei Pittori - Einaudi Editore (1997)


Chiese: San Giorgio in Velabro (Roma)

Titolo dell'opera: Affresco absidale
Autore: Pietro Cavallini
Anno di esecuzione: 1295 - 1300 circa
Luogo: Roma (San Giorgio in Velabro)




[...]
L'altare maggiore è una costruzione paleo-cristiana del VII secolo. L'abside, rialzata rispetto al piano pavimentale e riservata al clero, presenta un affresco, molto restaurato, raffigurante Gesù Salvatore fra i Santi Giorgio, Maria, Pietro e Sebastiano, opera inizialmente attribuita a Giotto che l'avrebbe eseguita nel 1298, ma che l'Hermanin rivendica a Pietro Cavallini. Nella navata di sinistra vi sono frammenti del paliotto e di un recinto presbiteriale, opera bizantina dell'epoca di papa Leone II e di un pluteo dei tempi di Gregorio IV.
[...]

Indubbiamente Pietro Cavallini, così come altri artisti dell'epoca, prese spunto da precedenti rappresentazioni come quella di San Cosma e Damiano o quelle di Santa Costanza, sempre a Roma e risalenti al V e VI secolo.



Da Wikipedia: San Giorgio in Velabro

Bibliografia
M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma 1891
C. Hulsen, Le chiese di Roma nel Medio Evo, Firenze 1927
G. Gallavotti Cavallero (a cura di), Guide rionali di Roma. Rione XII - Ripa, parte prima, Roma, Fratelli Palombi Editori, 1977

Chiese: San Lorenzo in Palatio

Titolo dell'opera: San Lorenzo in Palatio
Autore: n.n.
Anno di esecuzione: 768 (prima attestazione)
Luogo: Roma (rione Monti)


La chiesa di San Lorenzo in Palatio è una chiesa di Roma, nel rione Monti, in piazza san Giovanni in Laterano.

La chiesa si trova all’interno del complesso edilizio che conserva la Scala Santa presso la basilica di San Giovanni in Laterano. In origine questo palazzo era il palazzo patriarcale, sede del vescovo di Roma, e la chiesa era la cappella privata del pontefice: oggi essa è ciò che resta dell’antico palazzo patriarcale. La più antica menzione della chiesa si trova nella biografia di papa Stefano III (768-772); essa fu restaurata da Onorio III (1216-1227) e ricostruita da Niccolò III (nel 1278); nel XVI secolo papa Sisto V fece traslocare qui la Scala Santa, che ora serve da accesso alla chiesa.

La chiesa è conosciuta anche come Sancta Sanctorum (lett. «le cose sante tra le sante»), nome che rievoca quella parte del tempio di Gerusalemme ove era custodita l’Arca dell'Alleanza, e questo titolo gli deriva dal fatto che in essa erano custodite le più preziose reliquie cristiane, tra cui il prepuzio di Gesù bambino, i suoi sandali, il divano su cui assistette all'ultima cena, il bastone con cui fu percosso il suo capo coronato di spine, le teste dei santi Pietro e Paolo, e molte altre. Molte di queste reliquie sono oggi scomparse o conservate altrove.

Internamente la chiesa è stata decorata dai Cosmati, secondo un’iscrizione interna: Magister Cosmatus fecit hoc opus.

Gli affreschi che si trovano sulla parte alta della cappella e sulla volta sono del XIII secolo. Nelle vele sono rappresentati i quattro evangelisti, sulla parete sopra l'altare ai fianchi della finestra a sinistra è raffigurato Niccolò III inginocchiato che offre il modellino della cappella con a lato i santi Pietro e Paolo, a destra il Cristo in trono con due angeli. A destra dell'ingresso sono raffigurate il martirio di san Pietro e san Paolo, di fronte all'altare, la Lapidazione di Santo Stefano e il Martirio di San Lorenzo, la Decapitazione di Sant'Agnese e il Martirio di San Nicola.

Alla base degli affreschi è presente una loggia denominata dei santi realizzata sotto il pontificato di Sisto V, probabilmente tra il giugno e luglio 1590 sotto la direzione dei pittori Cesare Nebbia e Giovanni Guerra a cui hanno preso parte molti artisti attivi a Roma in quel periodo[1].

L'altare conserva un’antichissima immagine di Gesù Redentore detta acheropita, cioè non dipinta da mano umana: la tradizione infatti narra che l’icona fu dipinta dall’evangelista Luca aiutato da un angelo. Questa immagine era molto venerata fin dal pontificato di Stefano II, il quale ordinò una processione per la città con la sacra immagine per implorare l’aiuto divino contro i Longobardi condotti da Astolfo. Nel XIII secolo la tavola fu adornata da una lamina d'argento per opera di papa Innocenzo III. Non si conosce esattamente l’origine di questa immagine: l’Armellini propone un’origine bizantina in epoca della lotta iconoclasta (VIII secolo).






Sopra l'altare vi è l'iscrizione: 

Non est in toto sanctior orbe locus ("non esiste al mondo luogo più santo di questo").

Bibliografia


Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma 1891, pp. 109-112.
Christian Hülsen, Le chiese di Roma nel Medio Evo, Firenze 1927, p. 291.
Patrizia Tosini, La loggia dei santi del Sancta Sanctorum: un episodio di pittura sistina, in AA.VV., Sancta Sanctorum, Milano 1995, pp. 202-223.
Claudio Rendina, Le Chiese di Roma, Newton & Compton Editori, Milano 2000, p. 179.