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Gentile da Fabriano: Madonna col Bambino tra i santi Nicola di Bari, Caterina d'Alessandria e un donatore

Titolo dell'opera: Madonna col Bambino tra i santi Nicola di Bari, Caterina d'Alessandria e un donatore
Autore: Gentile da Fabriano
Anno di esecuzione: 1395-1400 circa
Luogo: Berlino (Gemäldegalerie)



La scena mostra la Madonna col Bambino in trono, che guarda verso lo spettatore, affiancata dai due santi, Nicola di Bari e Caterina, e dal donatore inginocchiato in basso, di proporzioni più piccole, secondo la tradizione medievale, ma comunque considerevoli. La sua figura è di profilo e rigidamente immota, con una buona resa della fisionomia individuale nel ritratto.

Maria poggia i piedi su una pedana decorata da archetti polilobati, a sua volta collocata sopra uno straordinario prato fiorito, con le specie vegetali indagate con grande cura, tra cui spiccano due alti gigli bianchi, tipico fiore offerto a Maria, simbolo della sua purezza. Tale caratteristica deriva dalla tradizione del gotico internazionale lombardo, nella cui area di influenza, verosimilmente a Pavia, Gentile abbe la sua formazione. Due alberelli incorniciano la Vergine e scandiscono il ritmo della pala tra figure centrali e laterali, richiamando lo schema tradizionale del polittico. Nelle fronde si trovano serafini brulicanti che suonano, un omaggio esplicito alle miniature di Giovannino de' Grassi e alla rinomata officina miniaturistica pavese nota come Ouvrage de Lombardie.

Alcuni stilemi rimandano inequivocabilmente alla tradizione tardogotica, come il ritmico cadere delle pieghe dei panneggi in linee sinuose, mentre altri rimandano a un rinnovato naturalismo, come la figura esile e atteggiata con scioltezza del Bambino, benedicente verso il committente e con un braccio che va a cercare il collo della madre. Il suo corpicino è avvolto da Maria in un panno foderato di pelliccia, morbida e calda, resa grazie a uno stratagemma pittorico di sfumature ovattate e delicatissime che è tipico del pittore. La stessa resa materica si ritrova anche nel vestito di Caterina, abbigliata con lo sfarzo di una principessa dell'epoca. Un altro chiaro indizio della paternità gentilesca è il gesto della mano in scorcio di san Nicola, che sembra uscire dal dipinto, secondo un procedimento illusionistico che venne messo a punto meglio in opere successive, come la Pala Strozzi. Altre caratteristiche tipiche sono la fisionomia di Maria, con gli occhi grandi come nella Madonna col Bambino in gloria tra i santi Francesco e Chiara, o l'attenzione alla riproduzione di gioielli, come le spille che reggono i manti della Vergine e di Nicola.
Bibliografia:

Mauro Minardi, Gentile da Fabriano, Skira, Milano 2005.

Gentile da Fabriano - Adorazione dei Magi

Titolo dell'opera: Adorazione dei Magi
Autore: Gentile da Fabriano
Anno di esecuzione: 1423
Luogo: Firenze (Galleria degli Uffizi)



L'Adorazione dei Magi è un dipinto a tempera e oro su tavola (173x228 cm con cornice 303x282) di Gentile da Fabriano, datato 1423 e conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze. L'opera è stata firmata sopra la predella: "OPVS GENTILIS DE FRABRIANO M CCCC XX III MENSIS MAIJ". Capolavoro dell'artista e del Gotico internazionale in Italia in generale, conserva l'elaborata cornice scolpita in legno dorato, in larga parte originale.


Il tema dell'adorazione dei Magi ben si prestava per una messa in scena sfarzosa e opulenta, che celebrasse la ricchezza del committente e la bravura dell'artista. Gentile si trovò a perfetto agio con la commissione, potendosi dedicare ad accostare più episodi minuti, sui quali lo spettatore è invitato a soffermarsi singolarmente, secondo il modello letterario offerto dalle ekphrasis bizantine, le descrizioni/interpretazioni di opere d'arte circolanti a Firenze almeno dal 1415. Il committente aveva infatti una vera e propria "passione bizantina", che manifestava acquistando codici antichi e studiando il greco con Emanuele Crisolora da Costantinopoli.

Il corteo dei Magi si dispiega su tutta la parte centrale del dipinto, sfruttando la forma tripartita nella parte alta per dare origine a più focolai d'azione, arricchiti da una miriade di dettagli naturalistici e di costume, che creano un effetto vibrante dove l'occhio dello spettatore si sposta da un particolare all'altro.


Vi è una grande profusione di applicazioni in oro e argento, nelle vesti, nei finimenti dei cavalli, dei cani da caccia, nelle corone, nelle spade e nei doni. I metalli, applicati in foglie sottilissime, venivano poi incisi a mano libera, punzonati o coperti da leggere velature, che creano un effetto di luce diffusa. Altre volte sono ottenuti effetti a rilievo tramite l'applicazione di "pastiglia" (gesso e colla) rivestita d'oro e di pigmenti.

Lo spazio prescinde da qualsiasi regola prospettica, nonostante la profondità della scena, con i personaggi che si sovrappongono in maniera caotica e festosa, creando un insieme irreale e fiabesco.

Grandissima abilità di Gentile è inoltre quella di riuscire a rendere l'idea della componente materica delle stoffe, la morbidezza degli incarnati, la freschezza della vegetazione.

La pala non rappresenta un'unica scena ma racconta tutto il cammino dei tre saggi orientali che seguirono la stella cometa per giungere al cospetto di Gesù bambino. La narrazione ha inizio nelle tre lunette, da sinistra, dove si vedono i tre Magi, vestiti d'oro, che vedono la stella cometa dall'alto del monte Vettore, raffigurato come una rupe a picco sul mare; subito il corteo si mette in moto ed arriva, nella lunetta centrale, nei pressi della città di Gerusalemme, dipinta in un paesaggio incantato di campi coltivati e boschetti fioriti; infine si vede l'entrata nella città.

Completamente inedito per Firenze doveva risultare il tono del corteo, che assomiglia più a un gruppi di eleganti aristocratici a una battuta di caccia che a una scena religiosa.


Il corteo riappare quindi da destra ed occupa tutta la metà inferiore del dipinto. A sinistra si trova il punto di arrivo della grotta della Natività dove si è posata la cometa luminosa e dove si trovano il bue e l'asinello davanti alla mangiatoia. Davanti al riparo di una capanna diroccata si trovano san Giuseppe, la Madonna assisa col Bambino e due servitrici. Davanti al Bambino si stanno inginocchiando i tre Magi: il primo, quello anziano, ha già deposto la corona ai piedi della Sacra Famiglia ed è prostrato a ricevere la benedizione del Bambino; il suo dono è già tra le mani delle servitrici; il secondo, di età matura, si sta per accovacciare e con la mano destra sta sfilandosi la corona, mentre con la sinistra tiene il calice dorato del suo dono; il terzo è appena sceso da cavallo, un servitore gli sta infatti ancora smontando gli speroni, ma con lo sguardo guarda già il bambino e tiene in mano un'ampolla d'oro da donare. I tre Magi, sono rappresentati nelle tre età dell'uomo: giovinezza, maturità e vecchiaia. I loro vestiti sono di incredibile sfarzo, con broccati d'oro finemente arabescati, copricapi sfavillanti e cinture con borchie preziose, ottenute a rilievo tramite punzonature e applicazioni.

Dietro di loro, in posizione centrale, si trovano due personaggi due ritratti ben riconoscibili: l'uomo col falcone in mano, dal vestito più ricco dopo quello dei Magi (un damasco con disegni vegetali, ma privo di dorature) è il committente Palla Strozzi, mentre quello accanto a lui, che guarda verso lo spettatore, è probabilmente il suo figlio primogenito Lorenzo, anche se Giorgio Vasari indicava al suo posto un autoritratto di Gentile, improbabile in una posizione così preminente, inoltre l'indicazione agli artisti di evidenziare i propri ritratti dipingendosi con lo sguardo rivolto lo spettatore è leggermente più tarda, contenuta nelle opere di Leon Battista Alberti.









Numerosi sono gli animali che animano la scena, a partire dal gruppo di cavalli che, spaventati da un leopardo, creano un movimento di linee centrifughe. In basso si trova un levriero, ritratto con precisione naturalistica, che si stira tra le zampe di un cavallo, con un magnifico collare dorato ottenuto a rilievo. Più indietro si trovano un altro leopardo, un dromedario, due scimmiette, un falcone in volo e altri uccelli, che creano un vivace campionario esotico.



Tra i personaggi del corteo spiccano numerosi servitori, tra i quali uno in primo piano che regge la spada di uno dei re ed ha una banda a tracolla che ricorda, in lettere dorate a rilievo, i caratteri cufici.


















Predella

La predella è composta da tre scomparti rettangolari, che mostrano (da sinistra) la Natività, la Fuga in Egitto e la copia della Presentazione al Tempio (l'originale è di proprietà del Museo del Louvre dal XIX secolo).



La Natività è ambientata di notte, nella stessa ambientazione della pala centrale: a sinistra si scorge infatti lo stesso edificio rosato, dove le due ancelle di Maria riposano sotto un arco: una dorme con la testa girata verso il fondo, l'altra è sveglia e sbircia la scena centrale, in cui il Bambino appena nato emette un bagliore di santità che rischiara tutto: Maria inginocchiata in adorazione, il bue e l'asinello a semicerchio e san Giuseppe che, come da schema tradizionale, è addormentato e un po' in disparte, a sottolineare il suo ruolo di semplice protettore di Maria e Gesù, senza un ruolo attivo nella nascita. Di grande sensibilità luministica è l'illuminazione dal basso del tettuccio davanti alla porta dell'edificio e della caverna, o delle ombre che coprono solo metà del tetto sotto il quale le ancelle sono riparate. Un'analoga sensibilità rischiara solo alcuni dei rametti dell'alberello a cui è appoggiato Giuseppe. Sullo sfondo a destra un'altra apparizione luminosa, in questo caso angelica, domina l'episodio dell'annuncio ai pastori; il resto del brullo paesaggio montuoso è in ombra, sotto un cielo stellato che mostra una precoce sensibilità atmosferica, nel chiarore che inizia ad emergere vicino all'orizzonte. In alto a sinistra si scorge anche uno spicchio di luna.


La Fuga in Egitto è ambientata in un ricco paesaggio, con gli stessi protagonisti: Maria col Bambino, in sella a un asinello, Giuseppe che fa da guida e le due ancelle dietro. Se i personaggi centrali hanno come quinta una montagnola appositamente creata, ai lati il paesaggio si dilata a perdita d'occhio. Il cielo limpido sovrasta una giornata estiva, illuminando la frutta negli alberi, le cime montuose, i castelli e le città, tra cui quella fiabesca a destra, tutta composta da cupole, torri, campanili ed altri edifici dagli irreali colori pastello, che qualcuno ha definito "di marzapane". La strada è ghiaiosa, con i ciottoli dipinti uno per uno e tutta la scena sembra risplendere in un pulviscolo dorato, che deriva dai raggi del disco solare, completamente d'oro, in alto a sinistra.


Pilatrini

I pilastrini sono decorati da fessure polilobate in cui sono rappresentati vari fiori e piante, indagati col piglio naturalistico tipico dell'artista. Essi hanno forme intricate e brulicanti, come tipico delle opere della fase matura dell'artista, al posto dell'ordinata serie di fiorellini dei dipinti giovanili. Per meglio rendere l'effetto di realismo, l'artista dipinse spesso foglioline e qualche infiorescenza direttamente sulla cornice, come se sporgessero dai trafori, secondo uno schema altamente illusionistico.


Bibliografia

AA.VV., Galleria degli Uffizi, collana I Grandi Musei del Mondo, Scala Group, Roma 2003.
Gloria Fossi, Uffizi, Giunti, Firenze 2004. ISBN 88-09-03675-1
Mauro Minardi, Gentile da Fabriano, collana I Classici dell'arte, RCS, Milano 200

Pisanello - Biografie

Biografie: Pisanello

Medaglione (recto) - Pisanello (Auoritratto)
Antonio di Puccio Pisano, meglio noto come Pisanello (Verona, ante 1395 – Napoli, 1455 circa), è stato un pittore e medaglista italiano, tra i maggiori esponenti del gotico internazionale in Italia.

Pisanello era noto soprattutto per splendidi affreschi di grandi dimensioni, sospesi tra realismo e mondo fantastico, popolati da innumerevoli figure, con colori brillanti e tratti precisi; essi furono in larghissima parte distrutti, a causa di incidenti, dell'incuria o di distruzioni volontarie, per via del mutare del gusto, soprattutto nei secoli del Rinascimento e del Barocco. Nell'arco della sua carriera artistica si dedicò con successo anche all'attività di medaglista, raggiungendo vertici che, secondo alcuni[3], sono in questo campo insuperati.

Venne acclamato da molti poeti, su tutti Guarino da Verona, e dai letterati e umanisti del tempo, come il Porcellio. Verso la metà del XV secolo la sua celebrità declinò però rapidamente, per via del diffondersi del linguaggio rinascimentale. Pisanello non fu comunque immune alla novità dell'Umanesimo, come si vede bene nelle sue opere di medaglista, ma la sua visione stilistica non riuscì mai ad adottare una spazialità razionale prospettica. Nessuno prima di lui era giunto a un'analisi del mondo naturale così accurata, come testimonia la sua vastissima produzione grafica. Famosi sono infatti i suoi studi dal vero di personaggi e animali su disegno, tra i migliori dell'epoca, superati solo sul finire del XV secolo dall'occhio indagatore di Leonardo da Vinci.

Lavorò per il Doge di Venezia, per il Papa, per le corti di Verona, Ferrara, Mantova, Milano, Rimini e negli ultimi anni per il Re di Napoli.

Si stima che solo il 5-8% della produzione pittorica di Pisanello ci sia pervenuta: sebbene si tratti in maggioranza di disegni e medaglie, l'artista si considerò sempre, come traspare dalle sue firme, solo e soprattutto un "pictor".


Si esce dal periodo buio della conoscenza dell'opera di Pisanello solo con l'instaurarsi del sodalizio con Gentile da Fabriano. I due artisti si conobbero probabilmente a Venezia tra il 1415 e il 1422 circa, quando Pisanello venne chiamato a continuare la decorazione ad affresco della sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale iniziata da Gentile. Qui Pisanello dipinse l'episodio di Federico Barbarossa supplicato dal figlio Ottone nell'ambito delle storie della guerra tra il Barbarossa e papa Alessandro III. L'opera venne prima ritoccata nel 1488 da Alvise Vivarini e infine distrutta da un incendio nel 1577, per cui non ne resta niente.

Della feconda collaborazione con Gentile da Fabriano oggi restano in larga parte solo tracce stilistiche e storico-documentarie. Al 1420 circa viene fatta risalire la Madonna della Quaglia, prima opera pressoché certa di Pisanello pervenutaci, dove si nota un influsso di Gentile soprattutto nel confronto con alcune tavole di analogo tema dell'artista fabrianese, quali la Madonna in trono col Bambino e angeli musicanti (Perugia, Galleria nazionale dell'Umbria) e la Madonna dell'Umiltà (Pisa, Museo nazionale di San Matteo). Vi si riscontrano però anche influenze di autori lombardo-veneti, quali Stefano e Michelino da Besozzo, in particolare riguardo a opere come la Madonna del Roseto (Verona, Museo di Castelvecchio), variamente attribuita all'uno o all'altro.

La vastissima produzione di disegni di Pisanello testimonia un'attività molto feconda, a differenza delle poche testimonianze pittoriche sicure che ci sono pervenute. Indubbiamente come disegnatore fu tra i più grandi della sua epoca.

In uno degli studi più completi sulla grafica pisanelliana, della Fossi Todorow (1966), vengono elencati 463 fogli gravitanti attorno al nome dell'artista, ma ne vengono accettati come sicuramente autografi solo 80. Il dibattito sull'autografia o meno dell'opera grafica è uno dei più accesi e controversi in merito all'artista, con accrescimenti e sfrondature diversi da studioso a studioso. Molti appaiono infatti nelle raccolte i disegni di artisti della cerchia, di scolari, imitatori e copiatori, mentre non mancano soggetti più generici, riscontrabili nei molti taccuini, repertori di modelli, fogli di figurini e bestiari che circolavano all'epoca, soprattutto in Lombardia e in Italia settentrionale.

Il gruppo più nutrito di disegni dell'artista e della sua cerchia è il Codice Vallardi del Cabinet des Dessins del Louvre (378 fogli). Segue, a distanza, la raccolta della Biblioteca Ambrosiana (26 fogli), mentre altri fogli sparsi si trovano in collezioni e musei di tutto il mondo. Più studiosi si sono cimentati nella suddivisione e riunione per gruppi dei fogli, arrivando anche a ipotesi suggestive, come quella di un taccuino usato dall'artista nei suoi viaggi o di un "album rosso".

I disegni di Pisanello testimoniano la versatilità e l'accuratezza con il quale l'artista studiò la natura, arrivando a vertici di verosimiglianza mai raggiunti prima. È con lui che la produzione grafica arriva alla dignità di arte autonoma: i suoi studi di figure infatti non sono sempre modelli per realizzare qualcos'altro, né solo studi preparatori, ma riproduzioni dal vero, condotte con la minuzia di un'indagine che oggi diremmo "scientifica". Per esempio negli studi destinati a definire la scena del San Giorgio e la principessa (in larga parte al Cabinet des Dessins del Louvre) sono presenti animali, ritratti e specie botaniche, di una potenza espressiva che sembra voler indagare anche i sentimenti e le emozioni.

Negli studi e copie di sarcofagi antichi, eseguiti a Roma nel 1431-1432, si nota come Pisanello e i suoi seguaci fossero stati contagiati dall'interesse per l'antico, inaugurato dal Petrarca nelle corti settentrionali. L'atteggiamento dell'artista verso le opere antiche è però ancora medievale, come dimostra ad esempio il disegno della sua bottega alla Biblioteca Ambrosiana con figure copiate dal sarcofago di Marte e Rea Silvia di palazzo Mattei a Roma: le figure copiate sono accostate con estrema libertà, senza interesse al contenuto narrativo dell'episodio; esse sono solo fonti per un repertorio, da riassemblare a piacimento per ottenere nuove composizioni.

Da Wikipedia: Pisanello - Disegni

Bibliografia


Vita:
Giorgio Vasari, Adolfo Venturi, Gentile da Fabriano e il Pisanello, Firenze, 1896.
George Francis Hill, Pisanello, Londra, 1905.
Adolfo Venturi, Pisanello, Roma, 1939.
Bernhard Dagenhart, Pisanello, Vienna, 1941.
Raffaello Brenzoni, Pisanello, Firenze, Olschki, 1952.
Luigi Coletti, Pisanello, Milano, 1953.
Renzo Chiarelli, Pisanello, Milano, 1958.
L. Magagnato (a cura di), Da Altichiero a Pisanello, catalogo della mostra a Verona 1958, Verona, Neri Pozza, 1958, ISBN 978-88-7305-053-7.
Maria Fossi Todorow, I disegni del Pisanello e della sua cerchia, Olschki, 1966, ISBN 978-88-222-1660-1.
AA.VV., L'opera completa di Pisanello, Milano, Rizzoli, 1966, ISBN 978-88-17-24382-7.
Marcello Castrichini, Pisanello. Restauri ed interpretazioni, Ediart, 1996, ISBN 978-88-85311-29-9.
P. Marini (a cura di), Pisanello, Mondadori Electa, 1996, ISBN 978-88-435-5778-3.
Pierluigi De Vecchi, Elda Cerchiari, I tempi dell'arte - Volume 2, Milano, Bompiani, 1999, ISBN 88-451-7212-0.
Vittorio Sgarbi, Notte e giorno d'intorno girando..., Milano, Rizzoli, 1998, ISBN 978-88-17-85887-8.
Federico Zeri, Un velo di silenzio, Rizzoli, 1999, ISBN 978-88-17-10059-5.
Stefano Zuffi, Il Quattrocento, Milano, Electa, 2004, ISBN 88-370-2315-4.
Silvia Ronchey, L'enigma di Piero. L'ultimo bizantino e le crociata fantasma nella rivelazione di un grande quadro, Milano, BUR, 2006, ISBN 978-88-17-01638-4.

Disegni:
AA.VV., L'opera completa di Pisanello, Rizzoli, Milano, 1966.
Pierluigi De Vecchi, Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano, 1999.
M. Fossi Todorow, I disegni di Pisanello e della sua cerchia, Firenze, 1966.