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Biografie: Taddeo di Bartolo

Taddeo di Bartolo (Siena, 1362 circa – Siena, 1422) è stato un pittore italiano della scuola senese.

Era figlio di un certo Bartolo di Mino barbiere e non del pittore Bartolo di Fredi, come riteneva il Vasari. Fu attivo anche nella vita pubblica della sua città e ricoprì alcune importanti cariche.

Nel 1389 risulta già iscritto nella Matricola dei pittori senesi e a quell'anno risale la sua prima opera pervenutaci: si tratta di un polittico con la Madonna col Bambino e Santi dipinto per la cappella di San Paolo a Collegalli, presso Montaione.

Nel 1393 è documentato a Genova, dove Cattaneo Spinola gli commissionava due dipinti per la chiesa di San Luca.

Tra il 1395 e il 1397 fu forse a Pisa: nel 1395 realizzò un polittico per la chiesa di San Francesco a Pisa e una Madonna con Bambino in trono e Santi per la chiesa di San Paolo all'Orto. In quegli anni dovrebbe anche aver realizzato ancora nella cappella Sardi Campigli della stessa chiesa francescana un ciclo di affreschi con Storie della transito di Maria e Santi. Nel 1397 firmò anche il Battesimo di Cristo della Collegiata di Triora (Imperia).

Nel 1400 era nuovamente a Siena dove dipinse un trittico per l'Oratorio di Santa Caterina della Notte e un Giudizio Universale, perduto, per il Duomo della città.

Nel 1401 Taddeo realizzò quello è considerato il suo capolavoro, il trittico per il Duomo di Montepulciano. Il pannello centrale del trittico riporta la monumentale figura della Madonna Assunta attorniata da Angeli, mentre sotto sono visibili i dodici apostoli che si accalcano intorno alla tomba vuota della Madonna. Sopra l'Assunta vediamo l'Incoronazione della Vergine. Le tre scene devono leggersi come una sequenza temporale dal basso verso l'alto con la Morte della Vergine, la sua Assunzione e la sua Incoronazione. I due pannelli laterali raffigurano vari Santi nell'atteggiamento di adorare la figura centrale della Madonna, mentre sui quattro pilastri che delimitano i vari pannelli scorgiamo dodici piccole figure di Dottori della Chiesa (tre per pilastro). Sopra i due pannelli laterali sono riportati l'Angelo annunciante (a sinistra) e la Madonna Annunziata (a destra). La predella in basso raffigura Nove scene della vita di Gesù Cristo mentre sopra la predella abbiamo alcune piccolissime scene dell'antico testamento.

Firmato e datato 1403 è il polittico per la chiesa di San Francesco al Prato a Perugia, poi smembrato e oggi in buona parte conservato alla Galleria Nazionale dell'Umbria: si trattava di una complessa macchina d'altare a doppia faccia con cinque tavole per ogni prospetto e due fiancate dipinte.

A Siena dipinse gli affreschi nel coro del Duomo (perduti), le Storie della vita della Vergine nella cappella del Palazzo Pubblico (1406-1408) e un ciclo di Uomini famosi nell'anticappella (1414-1417). Tra il 1416 e il 1418 ebbe due commissioni dal comune di Siene per realizzare affreschi votivi sopra due porte cittadine.

Artista assai prolifico, fu attivo anche a San Gimignano, dove nella controfacciata nella Collegiata e sulle pareti attigue dipinse un Giudizio Universale (1393, a Colle di Val d'Elsa (nella Chiesa di Sant'Agostino, si trova la quattrocentesca Madonna col Bambino), a Volterra, a Orte.

I numerosi spostamenti gli consentirono di conoscere temperie culturali differenti e così il suo stile, inizialmente fortemente debitore della lezione di Simone Martini (per quanto appresa in maniera mediata), si lasciò influenzare da Barnaba da Modena, attivo in Liguria, dai maestri veneti Turone e Altichiero, dal tardogotico fiorente in Umbria grazie a Gentile da Fabriano.

Nel 1422 dettò il proprio testamento e poco dopo morì all'età di 59 anni, secondo quanto Giorgio Vasari riporta nelle Vite.

Da Wikipedia: Taddeo di Bartolo

Bibliografia
S. Symeonides, Taddeo di Bartolo, Siena 1965;
Enzo Carli, La pittura senese del Trecento, Venezia 1981, pp.248-252;
Il Gotico a Siena, catalogo della mostra, Siena 1982;
Maestri senesi e toscani nel Lindenau-Museum di Altenburg, catalogo della mostra (Siena, Complesso museale di Santa Maria della Scala - Palazzo Squarcialupi, 15 marzo - 6 luglio 2008) a cura di Miklos Boskovits, Protagon, 2008, pp. 112 - 122;
Vittoria Garibaldi, Galleria Nazionale dell'Umbria, Electa, Milano 2002.

Gentile da Fabriano - Adorazione dei Magi

Titolo dell'opera: Adorazione dei Magi
Autore: Gentile da Fabriano
Anno di esecuzione: 1423
Luogo: Firenze (Galleria degli Uffizi)



L'Adorazione dei Magi è un dipinto a tempera e oro su tavola (173x228 cm con cornice 303x282) di Gentile da Fabriano, datato 1423 e conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze. L'opera è stata firmata sopra la predella: "OPVS GENTILIS DE FRABRIANO M CCCC XX III MENSIS MAIJ". Capolavoro dell'artista e del Gotico internazionale in Italia in generale, conserva l'elaborata cornice scolpita in legno dorato, in larga parte originale.


Il tema dell'adorazione dei Magi ben si prestava per una messa in scena sfarzosa e opulenta, che celebrasse la ricchezza del committente e la bravura dell'artista. Gentile si trovò a perfetto agio con la commissione, potendosi dedicare ad accostare più episodi minuti, sui quali lo spettatore è invitato a soffermarsi singolarmente, secondo il modello letterario offerto dalle ekphrasis bizantine, le descrizioni/interpretazioni di opere d'arte circolanti a Firenze almeno dal 1415. Il committente aveva infatti una vera e propria "passione bizantina", che manifestava acquistando codici antichi e studiando il greco con Emanuele Crisolora da Costantinopoli.

Il corteo dei Magi si dispiega su tutta la parte centrale del dipinto, sfruttando la forma tripartita nella parte alta per dare origine a più focolai d'azione, arricchiti da una miriade di dettagli naturalistici e di costume, che creano un effetto vibrante dove l'occhio dello spettatore si sposta da un particolare all'altro.


Vi è una grande profusione di applicazioni in oro e argento, nelle vesti, nei finimenti dei cavalli, dei cani da caccia, nelle corone, nelle spade e nei doni. I metalli, applicati in foglie sottilissime, venivano poi incisi a mano libera, punzonati o coperti da leggere velature, che creano un effetto di luce diffusa. Altre volte sono ottenuti effetti a rilievo tramite l'applicazione di "pastiglia" (gesso e colla) rivestita d'oro e di pigmenti.

Lo spazio prescinde da qualsiasi regola prospettica, nonostante la profondità della scena, con i personaggi che si sovrappongono in maniera caotica e festosa, creando un insieme irreale e fiabesco.

Grandissima abilità di Gentile è inoltre quella di riuscire a rendere l'idea della componente materica delle stoffe, la morbidezza degli incarnati, la freschezza della vegetazione.

La pala non rappresenta un'unica scena ma racconta tutto il cammino dei tre saggi orientali che seguirono la stella cometa per giungere al cospetto di Gesù bambino. La narrazione ha inizio nelle tre lunette, da sinistra, dove si vedono i tre Magi, vestiti d'oro, che vedono la stella cometa dall'alto del monte Vettore, raffigurato come una rupe a picco sul mare; subito il corteo si mette in moto ed arriva, nella lunetta centrale, nei pressi della città di Gerusalemme, dipinta in un paesaggio incantato di campi coltivati e boschetti fioriti; infine si vede l'entrata nella città.

Completamente inedito per Firenze doveva risultare il tono del corteo, che assomiglia più a un gruppi di eleganti aristocratici a una battuta di caccia che a una scena religiosa.


Il corteo riappare quindi da destra ed occupa tutta la metà inferiore del dipinto. A sinistra si trova il punto di arrivo della grotta della Natività dove si è posata la cometa luminosa e dove si trovano il bue e l'asinello davanti alla mangiatoia. Davanti al riparo di una capanna diroccata si trovano san Giuseppe, la Madonna assisa col Bambino e due servitrici. Davanti al Bambino si stanno inginocchiando i tre Magi: il primo, quello anziano, ha già deposto la corona ai piedi della Sacra Famiglia ed è prostrato a ricevere la benedizione del Bambino; il suo dono è già tra le mani delle servitrici; il secondo, di età matura, si sta per accovacciare e con la mano destra sta sfilandosi la corona, mentre con la sinistra tiene il calice dorato del suo dono; il terzo è appena sceso da cavallo, un servitore gli sta infatti ancora smontando gli speroni, ma con lo sguardo guarda già il bambino e tiene in mano un'ampolla d'oro da donare. I tre Magi, sono rappresentati nelle tre età dell'uomo: giovinezza, maturità e vecchiaia. I loro vestiti sono di incredibile sfarzo, con broccati d'oro finemente arabescati, copricapi sfavillanti e cinture con borchie preziose, ottenute a rilievo tramite punzonature e applicazioni.

Dietro di loro, in posizione centrale, si trovano due personaggi due ritratti ben riconoscibili: l'uomo col falcone in mano, dal vestito più ricco dopo quello dei Magi (un damasco con disegni vegetali, ma privo di dorature) è il committente Palla Strozzi, mentre quello accanto a lui, che guarda verso lo spettatore, è probabilmente il suo figlio primogenito Lorenzo, anche se Giorgio Vasari indicava al suo posto un autoritratto di Gentile, improbabile in una posizione così preminente, inoltre l'indicazione agli artisti di evidenziare i propri ritratti dipingendosi con lo sguardo rivolto lo spettatore è leggermente più tarda, contenuta nelle opere di Leon Battista Alberti.









Numerosi sono gli animali che animano la scena, a partire dal gruppo di cavalli che, spaventati da un leopardo, creano un movimento di linee centrifughe. In basso si trova un levriero, ritratto con precisione naturalistica, che si stira tra le zampe di un cavallo, con un magnifico collare dorato ottenuto a rilievo. Più indietro si trovano un altro leopardo, un dromedario, due scimmiette, un falcone in volo e altri uccelli, che creano un vivace campionario esotico.



Tra i personaggi del corteo spiccano numerosi servitori, tra i quali uno in primo piano che regge la spada di uno dei re ed ha una banda a tracolla che ricorda, in lettere dorate a rilievo, i caratteri cufici.


















Predella

La predella è composta da tre scomparti rettangolari, che mostrano (da sinistra) la Natività, la Fuga in Egitto e la copia della Presentazione al Tempio (l'originale è di proprietà del Museo del Louvre dal XIX secolo).



La Natività è ambientata di notte, nella stessa ambientazione della pala centrale: a sinistra si scorge infatti lo stesso edificio rosato, dove le due ancelle di Maria riposano sotto un arco: una dorme con la testa girata verso il fondo, l'altra è sveglia e sbircia la scena centrale, in cui il Bambino appena nato emette un bagliore di santità che rischiara tutto: Maria inginocchiata in adorazione, il bue e l'asinello a semicerchio e san Giuseppe che, come da schema tradizionale, è addormentato e un po' in disparte, a sottolineare il suo ruolo di semplice protettore di Maria e Gesù, senza un ruolo attivo nella nascita. Di grande sensibilità luministica è l'illuminazione dal basso del tettuccio davanti alla porta dell'edificio e della caverna, o delle ombre che coprono solo metà del tetto sotto il quale le ancelle sono riparate. Un'analoga sensibilità rischiara solo alcuni dei rametti dell'alberello a cui è appoggiato Giuseppe. Sullo sfondo a destra un'altra apparizione luminosa, in questo caso angelica, domina l'episodio dell'annuncio ai pastori; il resto del brullo paesaggio montuoso è in ombra, sotto un cielo stellato che mostra una precoce sensibilità atmosferica, nel chiarore che inizia ad emergere vicino all'orizzonte. In alto a sinistra si scorge anche uno spicchio di luna.


La Fuga in Egitto è ambientata in un ricco paesaggio, con gli stessi protagonisti: Maria col Bambino, in sella a un asinello, Giuseppe che fa da guida e le due ancelle dietro. Se i personaggi centrali hanno come quinta una montagnola appositamente creata, ai lati il paesaggio si dilata a perdita d'occhio. Il cielo limpido sovrasta una giornata estiva, illuminando la frutta negli alberi, le cime montuose, i castelli e le città, tra cui quella fiabesca a destra, tutta composta da cupole, torri, campanili ed altri edifici dagli irreali colori pastello, che qualcuno ha definito "di marzapane". La strada è ghiaiosa, con i ciottoli dipinti uno per uno e tutta la scena sembra risplendere in un pulviscolo dorato, che deriva dai raggi del disco solare, completamente d'oro, in alto a sinistra.


Pilatrini

I pilastrini sono decorati da fessure polilobate in cui sono rappresentati vari fiori e piante, indagati col piglio naturalistico tipico dell'artista. Essi hanno forme intricate e brulicanti, come tipico delle opere della fase matura dell'artista, al posto dell'ordinata serie di fiorellini dei dipinti giovanili. Per meglio rendere l'effetto di realismo, l'artista dipinse spesso foglioline e qualche infiorescenza direttamente sulla cornice, come se sporgessero dai trafori, secondo uno schema altamente illusionistico.


Bibliografia

AA.VV., Galleria degli Uffizi, collana I Grandi Musei del Mondo, Scala Group, Roma 2003.
Gloria Fossi, Uffizi, Giunti, Firenze 2004. ISBN 88-09-03675-1
Mauro Minardi, Gentile da Fabriano, collana I Classici dell'arte, RCS, Milano 200

Gotico

Le origini del Gotico


Il gotico è una fase della storia dell'arte occidentale che, da un punto di vista cronologico, inizia all'incirca alla metà del XII secolo in Francia settentrionale, nella regione intorno a Parigi, per poi diffondersi in tutta l'Europa e termina, in alcune aree, anche oltre il XVI secolo, per lasciare il suo posto al linguaggio architettonico di ispirazione classica, recuperato nel Rinascimento italiano e da qui irradiatosi nel resto del continente a partire dal XV secolo.

Il gotico fu un fenomeno di portata europea dalle caratteristiche molto complesse e variegate, che interessò tutti i settori della produzione artistica, portando grandi sviluppi anche nelle cosiddette arti minori: oreficeria, miniatura, intaglio di avorio, vetrate, tessuti, ecc.

La nascita ufficiale dello stile viene identificata in architettura, con la costruzione del coro dell'Abbazia di Saint-Denis a Parigi, consacrata nel 1144. Dall'Île-de-France le novità si diffusero con modi e tempi diversi in Inghilterra, Germania, Spagna, Italia, Austria, Boemia, Ungheria, Scandinavia, Polonia, Transilvania, Moldavia, diversificandosi ed adattandosi ad un grande numero di committenze e scopi diversi.

Per esempio in Spagna e in Inghilterra il gotico segna la nascita delle monarchie nazionali, mentre in altre zone è espressione dei poteri feudali, o ancora dei liberi comuni dominati dalla nuova borghesia urbana. In epoca gotica vi fu uno stretto rapporto tra arte e fede cristiana, ma fu anche il periodo nel quale rinacque l'arte laica e profana. Se in alcuni ambiti si cercarono espressivi effetti anti-naturalistici, in altre (come nella rinata scultura) si assistette al recupero dello studio del corpo umano e degli altri elementi quotidiani.

A causa della sua provenienza francese, in età medievale l'architettura gotica era chiamata opus francigenum. A Venezia, invece, venne conosciuta come modo di costruire "alla tedesca". Il termine "gotico", propriamente "dei goti", antico popolo germanico, venne usato per la prima volta per indicare questo stile artistico e architettonico da Giorgio Vasari nel XVI secolo come sinonimo di nordico, barbarico, capriccioso, contrapposto alla ripresa del linguaggio classico greco-romano del Rinascimento.

La perdita della connotazione negativa del termine risale alla seconda metà del Settecento quando, prima in Inghilterra e in Germania, si ebbe una rivalutazione di questo periodo della storia dell'arte, che si tradusse anche in un vero e proprio revival (il Neogotico), che attecchì gradualmente anche in Francia, in Italia e parte dei paesi anglo-sassoni.

La novità più originale dell'architettura gotica è la scomparsa delle spesse masse murarie tipiche del romanico: il peso della struttura non viene più assorbito dalle pareti, ma distribuito su pilastri e una serie di strutture secondarie poste all'esterno degli edifici. Nacquero così le pareti di luce, coperte da magnifiche vetrate, alle quali corrispondeva fuori un complesso reticolo di elementi di scarico delle forze. Gli archi rampanti, i pinnacoli, gli archi di scarico sono tutti elementi strutturali, che contengono e indirizzano al suolo le spinte laterali della copertura, mentre le murature di tamponamento perdono importanza, sostituite dalle vetrate. La straordinaria capacità degli architetti gotici non si esaurisce nella nuova struttura statica: gli edifici, liberati dal limite delle pareti in muratura, si svilupparono con slancio verticale, arrivando a toccare altezze ai limiti delle possibilità della statica.

In Inghilterra si ebbe un ulteriore sviluppo della volta a crociera con la volta a sei spicchi e poi a raggiera o a ventaglio: soluzioni che permettevano un'ancora migliore distribuzione del peso. La cattedrale gotica fu concepita come una copia del Paradiso, perciò spesso al suo ingresso fu scolpito il Giudizio Universale.

Il gotico in Italia ha caratteristiche che lo distinguono notevolmente da quello del luogo d'origine dell'architettura gotica, cioè la Francia, e dagli altri paesi europei in cui questo linguaggio si è diffuso (cioè l'Inghilterra e la Germania). In particolare non viene recepita l'innovazione tecnica e l'arditezza strutturale delle cattedrali francesi, preferendo mantenere la tradizione costruttiva consolidata nei secoli precedenti, e anche dal punto di vista estetico e formale non trova un grande sviluppo lo slancio verticale quasi estatico dell'architettura d'oltralpe. Se da un lato quindi c'era stata un'applicazione precoce di elementi gotici in (gli archi a sesto acuto di retaggio arabo nell'Italia meridionale in età normanna), dall'altro la tradizione romanica, influenzata dai modelli bizantini, paleocristiani e classici, resistette al principio dell'annullamento delle pareti. Ciò fu dovuto probabilmente anche a questioni puramente pratiche: il clima italiano avrebbe fatto negli edifici coperti di vetrate un "effetto serra" nei mesi estivi, per cui la soluzione preferita fu quella di mantenere strutture in massiccia muratura, più fresche, sulle quali si stendevano preziose decorazioni ad affresco. Si ebbe quindi in Italia un compromesso tra romanico e gotico, senza eccessivi slanci in altezza e riduzioni scheletriche delle masse murarie.

Una possibile periodizzazione dell'architettura gotica italiana contempla una fase iniziale nel XII secolo con lo sviluppo dell'architettura cistercense, una fase successiva dal 1228 al 1290 di "primo gotico"; le realizzazioni dal 1290 al 1385 sono considerate di "gotico maturo" ed infine l'ultima fase dal 1385 fino al XVI secolo con l'inizio e la prosecuzione di cantieri "tardo gotici" come al Duomo di Milano o di Napoli ed alla Basilica di San Petronio a Bologna.

L'Italia fu una delle ultime nazioni europee dove si sviluppò l'arte gotica. L'architettura, come in altre parti dell'Europa, è all'inizio un prodotto di importazione. Il vettore principale è costituito dagli edifici dell'ordine benedettino cistercense, che dalla zona d'origine borgognona, in Francia, si espanse in tutta l'Europa occidentale.

L'architettura dell'ordine cistercense costituiva un sotto-linguaggio particolare dell'edilizia gotica. Si tratta infatti di un'architettura che accoglie le principali innovazioni già espresse nelle cattedrali dell'Île-de-France, ma in forma molto più moderata e in un certo senso "ascetica". Viene completamente bandita la decorazione figurativa, le vetrate hanno un'estensione ridotta e sono prive di colore, il verticalismo è frenato, all'esterno non sono ammessi torri o campanili. Viene però utilizzata la volta a crociera archiacuta a campate rettangolari e i pilastri a fascio che proseguono nelle costolonature delle volte. I capitelli presentano ornamentazioni semplicissime e prevalentemente non figurative. La lavorazione della pietra è accuratissima, e lo spazio definito dai tipici assetti planimetrici modulari e dalla nettezza e politezza delle membrature risulta, oltre che razionale, intensamente astratto. L'architettura di questo ordine si diffonde per tutto l'Occidente, e l'incontro del nuovo linguaggio con la tradizione locale costituì anche in Italia la base per gli sviluppi successivi.

I primi esempi di abbazie gotiche in Italia sono il complesso di Fossanova nel Lazio (1187-1206), l'Abbazia di Casamari, terminata nel 1217, o l'Abbazia di San Galgano, vicino Siena, iniziata nel 1227 e finanziata da Federico II. Nell'ultimo esempio, più tardo, si nota un'evoluzione del modello con un assottigliamento dei pilastri e un maggior numero di aperture che garantiscono una migliore luce.

L'architettura cistercense fornì spunti significativi agli ordini mendicanti, come francescani, domenicani, e agostiniani, nella cospicua fase di inurbamento dei relativi insediamenti che in Italia ha luogo fra la metà del Duecento e la metà del secolo seguente. Fra le note distintive di questi ordini vi era infatti una certa enfasi sulla decorosa povertà e semplicità degli edifici sacri e la necessità di avere ampie navate coperte con tetto a vista, in modo tale che i fedeli potessero ascoltare le prediche e seguire i riti senza ingombri visivi, come invece avveniva nelle cattedrali di assetto basilicale.

Un esempio precoce di accenni significativi di grammatica gotica (su una sintassi ancora tardo-romanica), è dato dalla basilica di Sant'Andrea a Vercelli (1219-1227), finanziata dal cardinale Guala Bicchieri che era stato legato al pontificio in Francia e quindi aveva potuto ammirare le nuove cattedrali. Già la facciata è molto originale, con l'innesto di contrafforti a forma tubolare e di due esili torri ai lati, mentre i portali strombati presentano ancora archi a tutto sesto e le gallerie di loggette ricordano gli esiti del romanico lombardo e renano. A parte la singolare presenza di archi rampanti, l'interno sa decisamente più di gotico, per le volte a crociera ogivali dai costoloni bicromi, gettate su pilastri 'incantonati' da colonnini serventi.

Un altro esempio coevo è il grandioso Battistero di Parma, dove lavorò Benedetto Antelami.

Da Wikipedia: Gotico