Lamina di re Agilulfo

Titolo dell'opera: Lamina di re Agilulfo
Autore: n.n.
Anno di esecuzione: V secolo
Luogo: Firenze (Museo Nazionale del Bargello)


La Lamina di re Agilulfo, nota anche come Trionfo di re Agilulfo, è un manufatto in bronzo lavorato a sbalzo e dorato, di forma trapezoidale (il bordo inferiore presenta due rientranze semicircolari) che misura 18,9 cm in lunghezza e 6,7 cm in altezza, prodotto da orafi longobardi intorno al VII secolo, riproducente una scena di trionfo. Si trova ora conservata a Firenze nel Museo Nazionale del Bargello.

Resta il dubbio sulla natura e sulla funzione di tale lamina: storici e archeologi si dividono tra chi presuppone che essa sia il frontale di un elmo e chi invece rifiuta tale teoria, ipotizzando che la lamina fosse in realtà la decorazione di un oggetto prezioso, forse un reliquiario.

La lamina è stata interpretata come un manufatto prodotto in riferimento all'assedio di Roma del 593 che costrinse papa Gregorio Magno a versare trecento libbre d'oro per evitare il sacco della città, subendo l'imposizione di subordinazione dei vinti - che sotto l'aspetto religioso implicava un riconoscimento di superiorità dell'arianesimo.

Il reperto venne trovato presso le rovine di un castello nella Val di Nievole, sul confine che divideva il territorio longobardo da quello bizantino nel 593.

La lamina, lavorata a sbalzo, presenta una decorazione continua sull'intera superficie: al centro una figura riccamente vestita siede in trono, ripreso frontalmente con la mano destra in posizione di allocutio e con la sinistra stringete una spada; ai lati due guerrieri, bardati con armature dalla foggia barbarica, con elmi conici a spicchi coronati da un pennacchio, lance e scudi rotondi con umboni. Convergono verso il gruppo centrale (in maniera simmetrica) due vittorie alate - segno del tentativo di contaminatio tra arte longobarda e modelli classici -: entrambe impugnano con la mano che si rivolge al trono una cornucopia a forma di corno potorio, mentre nell’altra mano sostengono un labaro con la scritta "VICTVRIA" punzonata. Ciascuna vittoria precede un gruppo di due persone che sembrano uscire da una torre stilizzata (simbolo di una città): il primo (con le gambe genuflesse) compie un gesto di riverenza e di offerta, mentre il secondo porge al sovrano una corona sormontata da una croce.
La figura al centro è circondata dalla scritta punzonata "DN AG IL V REGI" ("Al signore re Agilulfo"), che identificherebbe il personaggio con Agilulfo, re longobardo dal 591 al 616; tuttavia, riguardo a tale identificazione sono stati sollevati dubbi, in quanto alcuni ritengono che la scritta sia una falsificazione operata nel corso del XIX secolo.

Le figure costruite in maniera paratattica, ovvero accostate senza tener conto della profondità spaziale, sembrano prive di peso, ma nonostante questo, i personaggi, dai volti volutamente espressionistici, tanto da assumere un carattere grottesco, sono rese con un modellato che ridà un certo senso plastico e, nella minuta descrizione dell'abbigliamento, rivela un intento naturalistico. La frontalità dei personaggi centrali e la distribuzione simmetrica delle figure sono caratteri di origine bizantina.

Da Wikipedia: Lamina di re Agilulfo


  • Bibliotheca Sanctorum, Roma 1966
  • Piero Adorno, L'Alto Medioevo in L'arte italiana, Firenze, D'Anna, 1992, Vol. 1, tomo II, pp. 558-579..
  • Giulio Carlo Argan, I primi secoli del Cristianesimo in Storia dell'arte italiana, 25ª ed., Firenze, Sansoni, 1992, Vol. 1, pp. 191-237., ISBN 88-383-0803-9.
  • Pierluigi De Vecchi, Elda Cerchiari, I Longobardi in Italia in L'arte nel tempo, Milano, Bompiani, 1991, Vol. 1, tomo II, pp. 305-317., ISBN 88-450-4219-7.
  • Chiara Frugoni, Immagini fra tardo antico e alto medioevo: qualche appunto in Morfologie sociali e culturali in Europa fra tarda antichità e alto medioevo, Spoleto, 1998, Tomo II, pp. 703-744..
  • (EN, DE) Cristina La Rocca, Stefano Gasparri, Forging an early medieval royal couple: Agilulf, Theodolinda and the "Lombard Treasure" (1888-1932) in Archäologie der Identität, Vienna, 2010, pp. 269-287..
  • Maria Silvia Lusuardi Siena, Una precisazione sulla lamina di Agilulfo dalla Valdinievole in Studi di storia dell’arte in onore di Maria Luisa Gatti Perer, Milano, 1999, pp. 15-26..
  • Natale Rauty, Il Regno Longobardo e Pistoia, Pistoia, 2005.
  • Wilhelm Kurze, La lamina di Agilulfo: usurpazione o diritto? in Atti del VI Congresso Internazionale di Studi sull’Alto medioevo (Milano 1978), Spoleto, 1980, Tomo II, pp. 447-456..
  • Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7107-8

Cattedra vescovile di Massimiano

Titolo dell'opera: Cattedra
Autore: vari
Anno di esecuzione: V secolo
Luogo: Ravenna (museo arcivescovile)

La cattedra vescovile di Massimiano è un trono episcopale con struttura in legno ricoperta di placchette in avorio, probabilmente realizzato a Costantinopoli per il primo arcivescovo di Ravenna Massimiano (546-554). La ricchezza della sua decorazione e la rarità di una tale tipologia di arredamento la rendono un esemplare eccezionale di scultura paleocristiana in avorio. È conservata al Museo arcivescovile di Ravenna.

La datazione e l'origine di questa opera sono dibattute. La sua identificazione si basa sull'interpretazione del complesso monogramma presente nel pannello centrale superiore della faccia anteriore, che dovrebbe corrispondere a MAXIMIANVS EPISCOPVS ("Massimiano vescovo"). Massimiano è il nome dell'arcivescovo di Ravenna che entrò in carica qualche tempo dopo la conquista della città da parte dell'esercito dell'imperatore Giustiniano I nel 540; fu anche patrono delle principali chiese del suo vescovado, tra cui la basilica di San Vitale, dedicata nel 546, e quella di Sant'Apollinare in Classe, dedicata nel 549. Massimiano ebbe stretti legami con la corte imperiale di Costantinopoli, come testimoniato dalla sua presenza accanto all'imperatore nel mosaico di Sant'Apollinare; per tale motivo è plausibile che la cattedra sia stata donata da Giustiniano stesso.

Si tratta di un'opera complessa, composta in origine da 26 pannelli d'avorio scolpito, appartenenti a due cicli narrativi distinti: i 16 pannelli dello schienale, dei quali nove sono andati perduti, furono decorati con scene della vita di Gesù, per un totale di 24 scene, dato che gli 8 pannelli superiori furono decorati su entrambe le facce. I dieci pannelli dei braccioli della cattedra rappresentano scene del ciclo di Giuseppe. La parte frontale, infine, presenta i pannelli meglio scolpiti, con i quattro evangelisti e san Giovanni Battista che tiene una raffigurazione dell'"agnello di Dio" in un medaglione.

Le differenze stilistiche tra i pannelli della parte anteriore e di quella posteriore della cattedra sono molto marcate; non si può non paragonarle a quelle che intercorrono tra il pannello centrale e quelli laterali dell'avorio Barberini.






Massimiano (mosaico Ravenna)
La funzione di tale oggetto è meno chiara di quanto suggerisca il nome: la sua struttura è infatti un po' troppo fragile per un vero e proprio trono episcopale. Un'ipotesi è che si tratti di un trono simbolico, su cui posare i libri sacri.
Bibliografia

  • Anthony Cutler, Late Antique and Byzantine ivory carving, Aldershot, Ashgate Variorum, 1998.
  • John Lowden, L'Art paléochrétien et byzantin, Paris, 2001.
  • Giuseppe Bovini, Cattedra eburnea del vescovo Massimiano di Ravenna e breve guida alla visita del complesso storico monumentale della Cattedrale, Ravenna

Biografie: Pietro di Domenico



Pietro di Domenico da Montepulciano (XV secolo – ...) è stato un pittore italiano, apparteneva alla scuola senese. Operò nell'anconetano. Più che di Montepulciano toscano, sembra originario di un omonimo paese delle Marche, dove ebbe una bottega e dove furono trovate varie sue opere.
Fu identificato da Umberto Gnoli con Pietro di Domenico da Montepulciano dopo la presentazione della tavola della Madonna dell'Umiltà al Metropolitan Museum di New York nel 1908.

Bibliografia

"Macerata e il suo territorio: la pittura" di Giuseppe Vitalini Sacconiardner
"Storia della Pittura Italiana esposta coi monumenti da Giovanni Rosini, Pisa presso Niccolò Capurro, 1841
"The Metropolitan Museum of Art, Italian Paintings, Sienese and Central Italian Schools, Federico Zeri e Elizabeth E. Gardner, 1980