Testi Medievali: I Carmina Burana

I Carmina Burana costituiscono un corpus di testi poetici medievali dell'XI e del XII secolo, prevalentemente in latino, tramandati da un importante manoscritto contenuto in un codice miniato del secolo, il Codex Latinus Monacensis 4550 o Codex Buranus, proveniente dal convento di Benediktbeuern (l'antica Bura Sancti Benedicti, fondata attorno al 740 da San Bonifacio nei pressi di Bad Tölz in Baviera). Il codice è custodito nella Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera.

Il termine Carmina Burana venne introdotto dallo studioso Johann Andreas Schmeller nel 1847 in occasione della prima pubblicazione del manoscritto. Tale codice comprende 228 componimenti poetici su 112 fogli di pergamena decorati con 8 miniature. Sembra che tutte le liriche dovessero essere destinate al canto, ma gli amanuensi autori di questo manoscritto non riportarono la musica di tutti i canti poetici, cosicché si può ricostruire l'andamento melodico solo per 47 di essi. Il codice è suddiviso in sezioni:

Carmina moralia (CB:1-55), argomento satirico e morale;
Carmina veris et amoris (CB:56-186), argomento amoroso;
Carmina lusorum et potatorum (CB:187-226), canti bacchici e conviviali;
Carmina divina, argomento moralistico sacrale (CB: 227 e 228; questa parte fu probabilmente aggiunta all'inizio del secolo XIV).

I testi (tutti in latino medievale eccetto 47 scritti in alto tedesco) hanno argomenti evidentemente molto diversi tra loro, e dimostrano la poliedricità della produzione goliardica. Se da un lato troviamo i ben noti inni bacchici, le canzoni d'amore ad alto contenuto erotico e le parodie blasfeme della liturgia, dall'altro emerge un moralistico rifiuto della ricchezza, e la sferzante condanna verso la curia romana, della quale molti membri erano ritenuti sempre e solo dediti alla ricerca del potere.

Queste parole dimostrano chiaramente come gli autori di questi versi (i cosiddetti clerici vagantes) non fossero unicamente dediti al vizio, ma che si inserissero anche loro in quella corrente contraria alla mondanizzazione degli uomini di Chiesa. Tuttavia non sono contro la Chiesa come istituzione divina, anzi, il concetto è dato per scontato in ogni canto. Nessun canto attacca la Chiesa cattolica ma solo i suoi membri corrotti. D'altra parte la varietà di contenuti di questo manoscritto è anche indiscutibilmente ascrivibile al fatto che i vari carmina hanno autori differenti, ognuno con un proprio carattere, proprie inclinazioni e probabilmente propria ideologia, non trattandosi di un "movimento letterario" compatto ed omogeneo nel senso moderno del 

I testi originali sono inframmezzati da notazioni morali e didattiche, come si usava nel primo Medioevo, e la varietà degli argomenti (specialmente religioso e amoroso ma anche profano e licenzioso) e delle lingue adottate, riassume le vicende degli autori, i clerici vagantes, altrimenti detti goliardi (dal nome del mitico vescovo Golia (Pietro Abelardo)) che usavano spostarsi per motivi di studio tra le varie nascenti università europee, assimilandone lo spirito più concreto e terreno.

La musica nei Carmina Burana
Molti dei canti dei Carmina Burana sono scritti in "campo aperto", ovvero con neumi senza pentagramma, per cui se la melodia è riconducibile al canto gregoriano il problema è quello armonico e ritmico, in quanto manca qualunque indicazione. Per quanto un'interpretazione certa ed oggettiva sia oggi molto difficile e varie soluzioni possano essere valide, tra i pochi tentativi di una corretta interpretazione filologico-musicale si possono citare lo studio e le incisioni realizzate dal Clemencic Consort, da I Madrigalisti di Genova e dallo Studio der Frühen Musik - Early Music Quartet di Thomas Binkley registrato nel 1964 (Teldec).

Nel 1937, il compositore tedesco Carl Orff musicò alcuni brani dei Carmina Burana, realizzando un'opera omonima. Orff scelse di comporre una musica nuova, sebbene nel manoscritto originale fosse contenuta una traccia musicale per alcuni dei brani.

La prima rappresentazione fu l'8 giugno 1937 a Francoforte sul Meno. Mentre la prima rappresentazione italiana invece si tenne al Teatro alla Scala a Milano il 10 ottobre 1942.

Per le sue caratteristiche può essere definita anche "cantata scenica" ed ha il sottotitolo "Cantiones profanae cantoribus et choris cantandae, comitantibus instrumentis atque imaginibus magicis". L'opera non presenta una trama precisa e richiede tre solisti (un soprano, un tenore e un baritono), due cori (uno dei quali di voci bianche), mimi, ballerini e una grande orchestra (Orff ne ha composto anche una seconda versione dove l'orchestra è sostituita da due pianoforti e percussioni).



L'opera è strutturata in un prologo e tre parti. Nel prologo c'è O Fortuna, l'invocazione alla Dea Fortuna sotto cui sfilano diversi personaggi emblematici dei vari destini individuali. Nella prima parte si celebra la "Veris laeta facies" ovvero il lieto aspetto della primavera. Nella seconda, "In taberna" ovvero "All'osteria", si hanno prevalentemente canti goliardici; la terza parte - "Cour d'amours" cioè "Le corti dell'amore" - contiene brani che inneggiano all'amore e che si concludono con il coro di grazie alla fanciulla ("Ave, formosissima"). Nel finale si ha la ripresa del coro iniziale alla Fortuna.

Quest'opera fa parte del trittico teatrale di Orff "Trionfi" che, composto in periodi diversi, comprende anche i "Catulli carmina" e il "trionfo di Afrodite".

Da Wikipedia: I Carmina Burana



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"Meister der Carmina Burana 001" di Meister der Carmina Burana - The Yorck Project: 10.000 Meisterwerke der Malerei. DVD-ROM, 2002. ISBN 3936122202. Distributed by DIRECTMEDIA Publishing GmbH.. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.
"Franz Kampers - Kaiser Friedrich II - Der Wegbereiter der Renaissance - Abbildung 28" di Franz Kampers (1868-1929) - de: Der Scan wurde anhand einer originalen Buchvorlage vorgenommenen: scan from original book. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.
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La cultura tardo antica

Abbiamo avuto modo di parlare dell'incipit che da il via al Medioevo e di come l'arte risenta di quanto accade nell'impero, così come abbiamo avuto modo di vedere nei Post su Ravenna (1, 2) di come l'arte venga utilizzata nell'ambito del potere centrale e della neonata cultura cristiana, per simboleggiare il proprio status e la propria legittimità a governare.

In questi secoli è evidente il processo di "simbolizzazione", ovvero quel processo che mutua dall'arte classica alcuni archetipi e li "trasforma" per simboleggiare specifici aspetti della cultura cristiana.

Un esempio di questo processo di simbolizzazione è Sant'Apollinare in Classe, consacrata da Massimiano nel 549 d.C.  e fra tutte, è la chiesa più suggestiva di Ravenna (teniamo sempre presente che Classe si trova ai margini del ravennate). Per costruirla si utilizzano materiale di spoglio come colonne, capitelli etc. Il culmine del simbolismo in questo caso si ritrova nell'abside che è necessario "decodificare" per capirne appieno il simbolismo

Sant'Apollinare in Classe
La scena, il cui fulcro si trova nella Croce, è la rappresentazione della trasfigurazione sul monte Tabor, nell'immagine di seguito la scena "decodificata"



Entriamo ora nel merito del cristianesimo e vediamo chi erano coloro che aderirono al nuovo culto; di fatto vi sono due tipi di aderenze:

1. Ecclesia ex gentibus (ovvero coloro che venivano dal mondo pagano)
2. Ecclesia ex lege (coloro che venivano dalla Sinagoga)

quindi abbiamo due correnti di adesione diverse, che convergono nel nuovo culto, e questo da origine sia ovviamente a diversi modi di approccio al culto stesso e, soprattutto nell'arte che deve rappresentare questa neonata religione







Come già detto, l'arte viene "piegata"al volere dell'artista e ovviamente del potere centrale, cosicché ad esempio gli arcangeli non somigliano a visioni celestiali ma piuttosto a pretoriani celesti, ovvero a funzionari militari, come si può chiaramente vedere a San Vitale.






In questo momento abbiamo quindi due "poteri" che hanno specifiche funzionalità:

1. L'imperatore.
2. Il potere ecclesiastico

Soprattutto quello ecclesiastico assume sempre più importanza, tanto che taluni personaggi figurano sempre nella cerchia del potere centrale, come possiamo vedere sempre a Ravenna, a San Vitale, dove nella corte di Giustiniano viene raffigurato anche l'arcivescovo di Ravenna, Massimiano


Ed eccolo Massimiano, a destra di Giustiniano; come si può notare si tratta di un personaggio di prim'ordine, affianco all'imperatore, dimostra come sì, l'imperatore è il protagonista della scena, ma è anche vero che dimostra come il potere centrale si servisse dell'appoggio ecclesiastico e che questo faceva di fatto parte dell'entourage dell'imperatore, come a dimostrare che ne fosse quasi un "dipendente".




Di certo Massimiano, così come tutti quei personaggi di chiesa di un certo rango, di una certa importanza, si fa commissionare opere di squisita fattura, come la famosa cattedra di Massimiano.

Massimiano non è il solo a commissionare opere di questo tipo, abbiamo testimonianza di altre opere di grande pregio e finitura, che mostrano l'eleganza delle botteghe che lavoravano per l'impero, abbiamo ad esempio il "Dittico Stilicone" o "l'avorio Barberini".



Avorio Barberini e Dittico Stilicone

In questa opera non si possono non notare i "connotati" che assumono le figure in questione, dove abbiamo classici richiami allo stile classico; nell'avorio Barberini nel registro in alto i richiami delle vittorie alate sono un chiaro riferimento alle vittorie alate che vediamo sugli archi di Trionfo romani, come ad esempio l'Arco di Costantino.



Nel caso invece del Dittico Stilicone, vediamo come vi sono chiari riferimenti all'impero, nei vestiti dei due personaggi raffigurati.

Sempre di età tardo-antica è lo splendido sarcofago di Santa Costanza, appartenuto a Costantina, figlia di Costantino I, e rinvenuto nella mausoleo di Santa Costanza a Roma.

Ricordiamoci sempre che ogni elemento costitutivo di una rappresentazione di questo tipo, che sia concezione imperiale o religiosa, possiede specifiche funzionalità o specifici richiami; in questo caso, ad esempio, il sarcofago oltre ad essere adornato di splendide scene:

[...]
Il coperchio ha quattro spioventi e un alto bordo sul quale corrono delle ghirlande sostenute da protomi. La cassa non è profilata e reca una ricca decorazione a rilievo di amorini alla vendemmia, dove i tralci di vite concorrono a formare complesse girali che decorano tutto il registro superiore, i bordi nei lati minori e inquadrano al centro dei lati lunghi delle scenette con putti.
[...]

La scena della vendemmia è un tipico richiamo ai valori Cristiani, dove il Cristo è la vite e gli uomini i tralci; inoltre va considerato che il sarcofago è in porfido ed il color porpora è un chiaro simbolismo imperiale.

Mosaici di Santa Costanza





Nel Mausoleo di San Costanza ritroviamo i Mosaici con tralci d'uva, bambini e scene di vendemmia, probabilmente anche questi simbolismi di cultura tardo-antica.
In generale comunque la simbologia Cristiana entra nel mondo figurativo classico senza però devastarlo, ovvero mutua le iconografie e le fa divenire simbolismo.




Curioso ad esempio è il mosaico absidale di Santa Prudenziana a Roma, in questo caso la scena sembra essere come un "manifesto politico", si noti ad esempio il Cristo in trono che ha le sembianze di un Giove piuttosto che di un Cristo benedicente.
Il mosaico in questione è databile al IV Secolo d.C., tuttavia il messaggio cambia decisamente all'inizio del V secolo, questo cambio di direzione, ovvero questo cambio stilistico lo ritroviamo nella basilica di Santi Cosma e Damiano a Roma.


Possiamo sicuramente affermare, in questo caso, che il Cristo rappresentato non è più un Cristo suadente e politico ma diventa un Cristo Apocalittico (notiamo sempre la presenza del gregge di pecore, chiaro riferimento simbolico al popolo di Cristo), è comunque necessario sottolineare la grande qualità dei mosaici di quest'epoca, dove ogni personaggio è caratterizzato da una propria fisionomia ed è indubbio che siamo di fronte a grandi artisti, maestri dell'arte musiva.

Ben diverso è il discorso dei mosaici di San Giovanni in Laterano, sempre a Roma, dove i mosaici sono di qualità più scadente (siamo in epoca tarda, VI - VII secolo d.C.), mentre a Santa Maria Maggiore (sempre a Roma) abbiamo mosaici databili intorno al IV - V secolo d. C., prima dei mosaici di Galla Placidia a Ravenna, e qui abbiamo invece mosaici molto preziosi, quasi palatini, di cultura di corte, i cui elementi distintivi sono:


  • vivacità di tipo ellenistico
  • paragonabili a miniature o affereschi di tipo naturalistico (siriano o alessandrino)
I Mosaici di Santa Maria Maggiore sono definibili come Mosaici preziosi, dove l'artista fa grande uso di fondo oro.


I Magi (a sinistra, vestiti come uomini d'Oriente) al cospetto di Erode - Santa Maria Maggiore (Roma)
E' interessante un chiari riferimento al mondo classico: nei mosaici di Santa Maria Maggiore abbiamo la rappresentazione di Mechisedec dove la divinità visibile in alto, porta un abito svolazzante che richiama alla mente una rappresentazione di Marco Aurelio che possiamo mirare di seguito:



















I riferimenti all'antico sono costanti e sono voluti, probabilmente per una sorta di "nostalgia" di quel mondo che, non dimentichiamo, circondava l'uomo del IV secolo, basti pensare alle spoglie dell'impero che erano visibili e alla portata di tutti.

Facendo un breve cenno dell'altra capitale storica dell'impero, ovvero Milano: capitale dell'impero romano d'occidente tra la fine del IV secolo e l'inizio del V, non possiamo non parlare di San Lorenzo i cui mosaici absidali risalgono alla fine del IV secolo


Il Cristo (imberbe) rappresentato è simile ad presidente del senato romano, appare come una specie di figura apollinea, siamo lontani dal Cristo / Giove di Santa Prudenziana.

A questo punto possiamo sicuramente affermare che nell'arte musiva, nell'arte figurativa per eccellenza che va dal IV al VI / VII secolo, abbiamo un ricordo dell'antico, un ricordo quasi nostalgico che, come vedremo successivamente, si ripresenterà ciclicamente fino all'epoca rinascimentale.

La mano di Leonardo


Copyright


"Ravenna, san vitale, giustiniano e il suo seguito (prima metà del VI secolo)". Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.
"Ravenna Maximian chair". Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.
"Ravenna Maximian chair dt1". Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.
"Dittico di stilicone, monza tesoro della cattedrale". Con licenza Pubblico dominio tramite Wikipedia.
"Diptych Barberini Louvre OA9063 whole" di Marie-Lan Nguyen (2011). Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.
"Sarcofago di Costantina - lato corto". Con licenza CC BY-SA 2.0 tramite Wikimedia Commons.
"Sarcofago di costantina 01" di I, Sailko. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.
"Mausoleo di santa costanza, mosaici 001" di beginning of IV century artist - internet. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.
"Apsis mosaic, Santa Pudenziana, Rome W2" di Welleschik - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.
"Cosmedamiao9b5" di Ricardo André Frantz (User:Tetraktys) - taken by Ricardo André Frantz. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.

Arte Medievale: Ravenna Parte II

Come abbiamo avuto modo di dire nel post precedente, Ravenna rappresenta nella cerchia dall'impero, l'unico esempio oramai sopravvissuto di arte musiva sublime ed eccellente nel suo impiego.

Di fatto stiamo parlando di espressione cortese di mosaici, quindi a Ravenna vediamo la graduale mutazione che porta la forma dell'arte antica, gli ideali estetici del mondo classico, gradualmente trasfigurare verso i valori che porta alla creazione dell'arte medievale.


Passiamo quindi a parlare della splendida Basilica di Sant'Apollinare Nuovo; si tratta di una struttura a pianta basilicale (siamo intorno al V, VI Secolo), fondata da Teodorico, quindi ariana di concezione, ma che passò nel corso dei secoli da ariana a cattolica.

E' interessante notare che al di sopra delle navate laterali (più basse rispetto alla navata centrale) sono presenti tre registri mosaicati, di età diversa per tempi di realizzazione:






Lato destro: dei Martiri verso Cristo.

Registro 1: sono presenti scene con episodi della vita di Cristo
Registro 2: figura di Profeti (VI secolo circa)
Registro 3: di età bizantina, sono raffigurate le litanie figurative, che si dirigono verso il "porto mistico" che è il Cristo. Il primo dei martiri rappresentati è San Martino di Tour.





L'ultimo registro possiamo definirlo "serie Teodoriciana", i personaggi sono caratterizzati da una sintesi espressiva, di fatto la corte di Teodorico si ispirava a modello tardo romani o orientali (ricordiamo infatti che Ravenna rappresentava una delle capitali dell'impero, faceva infatti parte dell'esarcato, ed è quindi indubbio l'influsso bizantino, che poi si manifestava nell'espressione musiva).








Sempre nel terzo registro, Cristo in trono è posto esattamente come si presentava in trono un imperatore romano d'oriente (da modello costantinopolitano), quindi Cristo si presenta come un imperatore.












Lato sinistro: Devote verso la Madonna

Le espressioni delle donne in processione verso la Madonna, sono espressioni di donne disincantate, il tutto sembra essere posto come in una sorta di paradiso. Da notare l'interessante raffigurazione dei Magi che sono rappresentati con vesti orientali (così come saranno rappresentati a Castelseprio in Santa Maria foris portas), sembrano infatti vestiti come satrapi orientali (parti o persiani).

Tutte questi figure, sia quelle rappresentate sopra la navata destra che sopra la navata sinistra, sono contraddistinte da una grande ieraticità (caratteristica questa dell'arte bizantina).

Si tratta quindi di raffigurazioni di età e gusto bizantini, ma come possiamo definire la Civiltà Bizantina?
E' bene sottolineare la grande e suprema eleganza e raffinatezza nonché qualità tecnologica del manufatti, inoltre non dimentichiamo che fino al 1453 (ovvero fino a quando Maometto il conquistatore non occupa Costantinopoli) i bizantini si sono considerati gli eredi legittimi dell'impero Romano. E' quindi con questo incipit che una delle caratteristiche Bizantine è la memoria dell'antico.
A Costantinopoli non si è mai dimenticato di essere gli eredi di Greci e Romani, infatti anche per questo i modelli antichi non sono mai morti, nonostante la spiritualizzazione delle forme.

Proprio negli anni di Ravenna verranno poi prodotti capolavori come evangelari (Bizantini), Salteri (come il Salterio di Parigi databile intorno al IX - X secolo).