Quando Alois Riegl pubblicò, nel 1901, "Arte tardo-romana" si uscì finalmente dal quel periodo della storia dell'arte che vedeva il periodo tardo antico come un periodo di decadenza artistica, il cui culmine era stato sottolineato dal dipinto di Thomas Couture intitolato "I Romani della decadenza".
L'intuizione di Riegl, o per meglio dire il suo nuovo modo di rivedere l'arte era basato su un concetto semplice e logico, egli infatti riteneva che ogni periodo storico avesse una sua "volontà d'arte": ogni fase storica espresse le proprie idee attraverso il linguaggio artistico, e poiché non esiste tempo o popolo senza idee o concezioni proprie, ogni arte è degna di essere analizzata, in quanto espressione di precisi contenuti storici.
Questo modo di rivedere l'arte venne applicato allo studio dell'arte cosiddetta "tardo-antica"; con Riegl dunque si incominciò a rivalutare il periodo tardo-antico che viene oggi inteso sia sul piano storico che quello artistico, estremamente interessante in quanto momento di congiunzione e di passaggio tra il mondo antico e Medioevo, esito finale del primo e premessa ineliminabile del secondo.
Ma chi era Alois Riegl?
Alois è un tipico esponente della cultura danubiano-austro-ungarica, egli deve la sua fama soprattutto alle teorie storico-artistiche che vedono nelle "volontà artistiche" (Kunstwollens) il fattore centrale della produzione artistica.
Giurista di formazione, esponente delle teorie della pura visibilità, esperto di tessuti, dal 1881 al 1886 fu membro dell'Istituto austriaco di ricerca storica e dal 1886 al 1897 lavorò presso l'Österreichischen Museum für Kunst und Industrie (Museo austriaco per l'Arte e l'Industria), per un anno come volontario e poi come conservatore responsabile della sezione tessuti.
Allievo di Robert Zimmermann e Max Büdinger, come borsista dell'Istituto austriaco di Roma, in città studiò i falsi della raccolta Ceccarelli.
A questo periodo appartengono: Die Mittelalterliche Kalender Illustration, 1889; Altorientalische Teppiche, 1891 e Stilfragen, 1893, tradotto in italiano col titolo Problemi di stile, Milano 1963, in esso, espone il principio del Kunstwollen (volontà o intenzionalità artistica), ovvero dello specifico impulso artistico ed estetico irriducibile a fattori esterni di una determinata epoca.
Abilitato nel 1889, divenne professore straordinario nel 1895 e ordinario nel 1897 all’Università di Vienna.
A questo periodo appartengono: Historische Grammatik der bildenden Künste, pubblicato postumo ed edito da K.M.Swoboda e Otto Pächt, 1966, manoscritti delle lezioni del 1897-98 e del 1899, edito in italia col titolo Grammatica storica delle arti figurative, I traduzione italiana Bologna 1983 e Macerata 2008; Die spätrömische Kunstindustrie nach den Funden in Österreich in due volumi, 1901 e 1923, pubblicato in italiano col titolo Industria artistica tardoromana, Firenze 1953 e ristampato come Arte Tardoromana, Torino 1959. In questo, attraverso l'uso delle tracce e dei materiali più anonimi, considerati maggiormente carichi di valore informativo, rivaluta il periodo storico preso in esame e per estensione tutti quei periodi definiti di «decadenza», come il barocco o l'eclettismo ottocentesco, affermandone gli autonomi e positivi valori formali ed espressivi.
Sempre di questo periodo sono Die Entstehung der Barockkunst in Rom, tratto dalle lezioni del 1901-02 e pubblicato nel 1908 e Das holländische Gruppenporträt, 1902, in quest'ultimo analizza i legami fra la ritrattistica e lo sviluppo democratico sociale olandese, analizzando in base alla ricognizione dei caratteri «esterni» e «interni» della composizione, i rapporti tra committenza, soggetti e pubblico, uno dei primi esempi di estetica della percezione.
Nel 1903 venne nominato presidente della Reale e Imperiale commissione per lo studio e la conservazione dei monumenti storici artistici dell’Austrïa-Ungheria.
Dello stesso anno è Der moderne Denkmalkultus. Sein Wesen und seine Entstehung, tradotto in italiano col titolo Il culto moderno dei monumenti. Il suo carattere e i suoi inizi, Bologna 1981, nel saggio pone la scienza della conservazione dei monumenti come autonomo e specifico campo disciplinare, non più ausiliario della storia dell'arte, anche se di questa emanazione. Inoltre parla del "valore dell'antico", o meglio del valore di vetustà (dal tedesco Alteswert): un valore «sentimentale», proprio del modo di sentire della massa della popolazione, non più esclusivo, come il valore aristocratico degli antichi cultori d'arte, o specialistico, come il valore storico delle cerchie degli eruditi, ma un valore inedito, proprio della nuova formazione sociale, carico di implicazioni etiche e politiche, caratteristico del socialismo democratico cristiano.
Collaborò con importanti riviste, tra le quali la Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des allerhöchsten Kaiserhauses, Mitteilungen der K. U. K. Zentralkommission, Archeologisch-epigraphische Mitteilungen aus Österreich-Ungarn.
Dotato di una chiara visione “danubiana” dell’arte, priva di pregiudizi (per esempio, legati alla tendenza a dividere la storia dell’arte in storia per nazioni e per arti “maggiori” e “minori”), Riegl contribuì in maniera primaria alla rivalutazione dell'arte tardo antica, bizantina, barocca, ecc...
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