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Evangeliario di Lorsch

Copertina: British Museum
L'Evangeliario di Lorsch (Codex Aureus di Lorsch) è un vangelo miniato redatto tra il 778 e l'820 ed è tra i capolavori della miniatura carolingia. È conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (Pal. lat. 50) ed una copia esiste anche ad Alba Iulia, in Romania (Biblioteca Documenta Batthyaneum, s.n.).

La prima localizzazione nota è l'Abbazia di Lorsch, dove figurò in un catalogo redatto sotto l'Abate Adelungo come Evangelium scriptum cum auro pictum habens tabulas eburneas. Il nome di Codex Aureus deriva appunto dalla presenza di lettere in inchiostro dorato.

Creato, se non per Carlo Magno stesso, per un'alta committenza vicina alla sua corte, le sue miniature mostrano un aulico stile bizantino con alcune influenze tipicamente occidentali, come le finte architetture di sfondo o l'uso di incorniciature composte da archi e colonne, tipiche della scultura tardo-antica in Italia. Vi si trovano anche echi di motivi presenti quegli oggetti preziosi scambiati come dono tra la corte imperiale, Roma e Bisanzio (ma anche dei saccheggi dei popoli vinti), quali cammei, monete, oreficerie e stoffe, segno di un'arte dove convergevano stimoli anche molto differenti. Notevole è anche la copertina in avorio scolpito risalente allo stesso periodo.

Copertina: Musei Vaticani
Nel XVI secolo venne trasferito ad Heidelberg, presso la Biblioteca Palatina, prima della secolarizzazione del monastero del 1563. Nel 1622 durante la Guerra dei Trent'anni il manoscritto fece parte del bottino dell'esercito cattolico. In quell'occasione venne diviso in due ed inoltre le copertine vennero tolte per renderlo più leggero durante il trasporto. La prima parte del testo finì alla Biblioteca Migazzi e da lì venne venduto al vescovo Ignac Batthyani; oggi è confluita nella biblioteca della città romena di Alba Iulia. La seconda parte, insieme alla maggior parte della Biblioteca Palatina, fu trasferita alla Biblioteca Vaticana. Le copertine invece finirono una al British Museum di Londra (poi passata al Victoria and Albert Museum) e una ai Musei Vaticani di Roma.

Da Wikipedia: Evangelario di Lorsch

Abbazie: Lorch

L'abbazia imperiale di Lorsch (in tedesco: Reichsabtei Lorsch, in latino: Laureshamense Monasterium, chiamata anche Laurissa o Lauresham) fu una delle più famose abbazie dell'Impero carolingio; essa si trova nella cittadina di Lorsch, in Assia, circa 10 chilometri a est di Worms. Pur essendo caduta in rovina, i suoi resti sono comunque considerati l'edificio pre-romanico più importante di tutta la Germania. Nel 1170 venne compilato qui un manoscritto (conservato oggi negli archivi di stato di Würzburg) che è di fondamentale importanza come fonte di notizie sulla Germania medievale. Un altro importante documento proveniente dall'abbazia è il Codex Aureus, risalente all'VIII secolo. Nel 1991 le rovine dell'abbazia di Lorsch furono inserite nell'elenco dei siti patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

L'abbazia venne fondata nel 764 dal conte dei Franchi Cancor e dalla madre Williswinda come chiesa proprietaria (in tedesco Eigenkirche), cioè costruita su di un terreno privato e su cui il signore feudale riteneva il diritto di nominare il personale ecclesiastico. Essi chiamarono quindi Chrodegang, arcivescovo di Metz, che consacrò la chiesa ed il monastero a San Pietro e ne divenne il primo abate. Nel 766 però egli rinunciò al titolo per dedicarsi al compito di arcivescovo di Metz e mandò il fratello Gundeland come suo successore, insieme a 14 monaci benedettini. Per aumentare l'importanza dell'abbazia come luogo di pellegrinaggio, Chrodegang ottenne da Papa Paolo I il corpo di San Nazario, martirizzato a Roma insieme a 3 compagni durante il regno di Diocleziano. Le sacre reliquie arrivarono il giorno 11 luglio 765 e vennero deposte con tutti gli onori nella basilica che si trova all'interno del monastero. Gli edifici vennero quindi rinominati in onore di san Nazario.

La chiesa principale, dedicata ai santi Pietro, Paolo e Nazario, venne consacrata dall'arcivescovo di Magonza Lullo nel 774, alla presenza di Carlo Magno. Presto si sparse la voce di numerosi miracoli avvenuti a Lorsch per intercessione di San Nazario e cominciarono a giungere pellegrini da molte parti d'Europa. La biblioteca e lo scriptorium dell'abbazia resero Lorsch uno dei principali centri culturali tedeschi del X e XI secolo. Papi e imperatori favorirono a più riprese l'abbazia di Lorsch con privilegi e donazioni, dalle Alpi al Mare del Nord, rendendola in breve tempo non solo immensamente ricca, ma anche sede di una notevole influenza politica. Venne quindi dichiarata una Reichsabtei, cioè una specie di principato sovrano, soggetto direttamente e solamente al Sacro Romano Imperatore. La fama dell'abbazia si può intuire dal fatto che due sovrani carolingi, Ludovico II il Germanico e Ludovico III della Francia Orientale, furono sepolti qui.
L'abbazia fu implicata anche in numerose dispute feudali e addirittura in alcune guerre. Dopo essere stata governata da 46 abati benedettini, Conrad, l'ultimo abate, venne deposto nel 1226 da Papa Gregorio IX; nel 1232, a causa delle pressioni di Federico II, l'abbazia andò a far parte dei possedimenti di Sigfrido II, Arcivescovo di Magonza, ponendo fine al periodo d'oro dell'indipendenza politica e culturale di Lorsch.

Negli anni quaranta del XIII secolo vennero incaricati di prendersi cura del monastero dei monaci premonstratensi, con l'avallo di papa Celestino IV, ed essi rimasero fino al 1556, quando Lorsch e altri territori della regione passarono nelle mani di principi che aderivano al luteranesimo e al calvinismo. Ottone-Enrico, elettore palatino, portò tutti i volumi contenuti nella biblioteca dell'abbazia ad Heidelberg, creando così la famosa Bibliotheca Palatina. Subito dopo, fra il 1557 e il 1563, i pochi rimanenti abitanti dell'abbazia vennero congedati e mandati altrove. Nel 1622, dopo la cattura di Heidelberg, Massimiliano I donò la splendida libreria (composta da 196 casse di manoscritti) a papa Gregorio XV. Venne mandato Leone Allacci per sovrintendere allo spostamento di quel tesoro verso Roma, dove venne incorporato nella Biblioteca apostolica vaticana.

Durante la guerra dei trent'anni Lorsch e la regione in cui si trova vennero devastate e la maggior parte degli edifici rasi al suolo. Dopo che l'arcivescovo di Magonza riguadagnò il possesso della città, essa tornò alla fede cattolica. Il periodo peggiore comunque venne durante le guerre con Luigi XIV, fra il 1679 e il 1697, quando interi villaggi e gli stessi edifici dell'abbazia vennero bruciati dai soldati francesi. Una parte della costruzione, lasciata integra, venne utilizzata come deposito di tabacco negli anni precedenti lo scoppio della prima guerra mondiale.

La vecchia porta di accesso, la Torhalle, costruita nel IX secolo da Ludovico il Cieco, è il più antico monumento della Franconia che ci sia pervenuto: essa combina elementi degli archi trionfali di epoca romana con tipici elementi teutonici.

Da Wikipedia: Abbazia di Lorsch

La Torhalle

Titolo dell'opera: Porta trionfale dell'abbazia di Lorsch
Autore: n.n.
Anno di esecuzione: 760 - 790
Luogo: Lorsch


La Torhalle è una porta a carattere monumentale, inserita del complesso dell'Abbazia di Lorsch, al centro del grande cortile antistante la chiesa abbaziale.

Nella parte inferiore si apre una loggia a tre fornici, mentre la piano superiore vi è un aula che serviva all'imperatore come sala del trono e spazio per le complesse cerimonie della liturgia imperiale. Le due facciate sono decorate da semi-colonne accostate ai pilastri degli archi, con capitelli compositi e, al di sopra della fascia marcapiano, da paraste ioniche scanalate che reggono una cornice piegata ad angolo. Un paramento di pietre rosse e bianche disposte a comporre motivi geometrici copre le murature. La sala interna è ugualmente affrescata con un finto partito architettonico simile a quello esterno.




Bibliografia

P. De Vecchi - E. Cerchiari: Arte nel tempo. Vol II. Bompiani ISBN 978-88-450-4219-5

La Renovatio Carolingia


La rinascita carolingia (chiamata anche rinascenza o rinascimento o renovatio) è il nome dato dagli storici alla fioritura ed al risveglio culturale nell'Occidente che è coinciso con gli anni al potere di Carlo Magno (742-814).

Il termine presenta una certa ambiguità legata a un improprio confronto con epoche successive. Il re franco perseguì piuttosto una riforma in tutti i campi, per poter "correggere" delle inclinazioni che avevano portato a un decadimento generale. Ma quando l'Imperatore pensava alla ristrutturazione ed al governo del suo regno, rivolgeva le sue attenzioni a quell'Impero Romano di cui si faceva prosecutore ideale sia nel nome, sia nella politica.

L'Impero carolingio era sorto dall'unione di aree geografiche e gruppi etnici ormai molto diversi tra loro. La renovatio fu anche una spinta alla coesione, come stimolo verso la creazione di un patrimonio culturale comune. Esso non era più l'antico Impero Romano, né il precedente Regno dei Franchi, avendo conseguito lo status imperiale nell'800.

La cultura al tempo di Carlo Magno e dei suoi successori è profondamente legata a due fattori:

La forte impronta data dalla religione;
La legittimazione dell'Imperium attraverso la ripresa di elementi tipici della classicità romana.
Ispirandosi all'epoca dell'Impero Romano cristianizzato di Costantino I, si cercò di sottolineare il collegamento con la Chiesa di Roma per vari motivi, tra i quali non vanno trascurati la diffusione capillare del cattolicesimo in Europa, che poteva fare da veicolo per le riforme amministrative e istituzionali dell'Imperatore, e il collegamento diretto tra Papato e cultura antica, che poté legittimare l'Impero senza passare da Bisanzio, quindi senza generare conflitti e sovrapposizione di potere con il basileus.

Oltre al papato, un altro grande alleato dei Carolingi fu l'ordine benedettino, che fu promosso tramite la fondazione di decine e decine di abbazie, mentre a corte confluivano i chierici più colti del mondo cristiano. I monasteri fecero anche da centri propulsori della nuova cultura tramite l'istruzione.

Non fu però un recupero integrale e purista, anzi si fecero proprie tutte quelle realtà regionali nel frattempo fiorite in Europa, che ormai avevano trasformato e arricchito di nuove esperienze il retaggio romano: la tradizione cristiana irlandese e anglosassone, la cultura ellenizzata dei territori mediterranei, la cultura longobarda, oltre a tutta quella serie di nuovi influssi esterni come quello arabo e persiano.

Evangeliario dell'Incoronazione

Titolo dell'opera: Evangeliario dell'Incoronazione
Autore: Artisti vari
Anno di esecuzione: 793 circa
Luogo: Vienna (Kunsthistorisches Museum)

L'Evangeliario dell'Incoronazione, conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna, forse venne realizzato da artisti stranieri, greci o romani educati in scuole greche, ad Aquisgrana nel 793 circa.

L'opera venne trovata da Ottone III, in occasione dell'apertura della tomba di Carlo Magno ad Aquisgrana nell'anno 1000, nel sepolcro imperiale.

Il testo, scritto con inchiostro d'oro e d'argento su pergamena purpurea, si struttura su un'unica colonna. All'inizio sono sedici cartaglorie, mentre in cima alle rispettive sezioni sono le figure degli evangelisti, incorniciati da una cornice d'argento con bordi dorati, scanalata e ornata con palmette.

Queste figure sono abbastanza singolari rispetto alla miniatura immediatamente precedente, rappresentano una fase dell'arte della miniatura carolingia che viene fatta coincidere con la committenza del figlio di Carlo Magno, Ludovico il Pio, dove per la prima volta si cercò di penetrare l'arte antica anche riproducendone i caratteri stilistici.

Negli evangelisti il colore denso e pastoso crea un volume reale, una vera plasticità evidenziata anche dai realistici panneggi, probabilmente ispirati a figure di filosofi seduti di opere ellenistiche che ancora circolavano in Oriente.

La figura massiccia di Giovanni evangelista per esempio, avvolta in una tunica bianca e toga, siede su un trono all'interno di questa cornice mentre con la penna nella mano destra indica il libro ancora chiuso, che tiene nella sinistra. con sullo sfondo un bosco scuro in fiamme davanti al firmamento blu.



Bibliografia

Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999.