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All'ombra delle Piramidi: Djedefhor

Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta di altri personaggi della IV Dinastia egizia, che fecero erigere le loro sepolture nei cimiteri adiacenti le grandi piramidi di Giza.
Oggi parliamo di un principe (e probabilmente anche Faraone) chiamato Djedefhor

La sua mastaba si trova nel cimitero Est della necropoli di Giza ed è situata subito dietro la mastaba di Kawab.


Le notizie su di lui sono decisamente frammentarie; probabilmente governò per pochi anni (circa 9), tuttavia la sua attestazione nelle liste reali non è presente, si presume sia indicato nel Papiro Regio di Torino in una posizione non ben definita.

Il suo nome compare in una iscrizione rinvenuta nella Uadi Hammamat, risalente alla fine del medio regno, in cui viene indicato come successore del fratello Khafra; probabilmente fu padre della regina Khenkaues I, madre di Irmaat, primo sovrano della V egizia.




All'ombra delle Piramidi: il principe Kawab



Tutti conoscono la piana di Giza e le sue piramidi, tutti quanti almeno una volta nella vita hanno sentito parlare di Cheope, Chefren e Macerino; tuttavia ai più non sono noti altri personaggi sepolti nella stessa piana.
Personaggi più o meno famosi che hanno avuto il grande privilegio di creare la loro sepoltura, il luogo di riposo eterno, all’ombra delle grandi Piramidi; oggi conosceremo un po’ meglio chi sono questi personaggi e quale fu il loro ruolo nell’ambito del potere centrale.

Kawab

La mastaba G7110 appartiene ad un personaggio illustre conosciuto come Kawab; si tratta di un principe della IV dinastia, figlio maggiore del celebre padre Cheope e della di lui consorte, la regina Meritites I. 

Fratellastro dei più noti Faraoni come Djedefre e Chefren, probabilmente  era nato durante il regno di suo nonno Sneferu, padre di Cheope; Kawab sposò la sorella Hetepheres II ed ebbero almeno tre figli di nome Duaenhor, Kaemsekhem e Mindjedef e una figlia Meresankh III.

Morì durante il regno di suo padre Cheope, quindi gli succedette per linea diretta il fratellastro Djedefre, che sposò a sua volta la vedova Hetepheres II.
Per lungo tempo si pensò che Dedefra uccise suo fratello Kawab poiché Djedefre fu sepolto a Abu Rawash, invece che a Giza, ovvero il luogo di sepoltura regale.

I titoli di Kawab includono tra le altre titolature quella di “officiante di Anubis” (Hts Jnpw), Sacerdote di Selket (Hm-nTr Srkt), Figlio del suo corpo del Re (Sa nswt n Ht.f), Figlio maggiore del Re (Sa nswt n Xt.f smsw) , Principe ereditario (JRY pat), Comandate dei dieci dell'Alto Egitto (wr MDW SMAW), Unico compagno di amore (s mr waty n MRW (t)), Visir (Taty) ( il titolo del vizir viene attestato  su di una statua di Menfi).

Kawab fu sepolto in una doppia Mastaba G 7110 - 7120 nel settore orientale, che fa parte della necropoli di Giza. La Mastaba G 7110 apparteneva alla moglie di Kawab, il cui nome è stato trovato nella cappella. La G 7120 apparteneva a Kawab; un rilievo sulla porta mostra Kawab davanti a sua madre:

"Suo figlio, il suo amato, Ka-WAB, la figlia del suo Dio, colei che si occupa di affari, Meritites, sua madre, che portava (lui) a Cheope."

Quattro pozzi di sepoltura sono stati costruiti a parte della mastaba. Il pozzo G7110 A non è stato mai usato. Il pozzo G 7110B è stato originariamente pensato per Hetepheres II, ma non fu mai terminato e non mostra segni di utilizzo. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che Hetepheres morì dopo la morte del marito. Il pozzo G 7120A è stato il luogo di sepoltura di Kawab. Per Kawab è stato creato un sarcofago di granito rosso e rinvenuto sul posto.
Sul sarcofago è inciso il testo:


1) "Un offerta che il re fa ad Anubi, una sepoltura nella necropoli come possessore di uno stato ben fornito prima il grande dio, officiante di Anubis,
sacerdote di Selket, Kawab

2) Un dono che il sovrano fa ad Anubi, una sepoltura nella necropoli nel cimitero occidentale, essendo cresciuto con grazia, il figlio del re e del suo corpo, Kawab


3) Il figlio maggiore del Re e del suo corpo, officiante di Anubis, Kawab. "


La mano di Leonardo









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"Kawab" by Udimu - Own work. Licensed under CC BY 3.0 via Wikimedia Commons.

Maia: La nutrice di Tutankhamon



Maia (talvolta scritto Matia), è stata la nutrice del famoso Faraone bambino: Tutankhamon.


Nel 1996 è stata ritrovata la sua tomba rupestre a Saqqara dall'egittologo francese Alain Zivie, già noto per la scoperta della tomba di Aperel.

La donna portava i titoli di:

- balia del re
- educatrice del corpo del dio
- la prima dell'harem 

Di Maia non si conoscono diversi aspetti, quello che sappiamo è possibile rintracciarlo unicamente da quanto viene riportato nei testi della sua tomba.
Sicuramente è stata molto vicino a Tutankhamon, tanto che nella sua tomba il faraone è ritratto sulle sue ginocchia e lo stesso nome del re è citato più volte.
La sepoltura è composta da camere adibite al culto, con altre camere riccamente decorate dove figura anche la camera sepolcrale; 

La prima cappella è dedicata al culto di Maia; interessante la raffigurazione di una di queste cappelle dove viene raffigurato Tutankhamon seduto sulle ginocchia di Maia, oltre ad una gravemente danneggiata che mostra Maia davanti al re. 
La seconda sala è dedicata ai riti di sepoltura associati Maia; la donna è mostrato di fronte alle offerte dei portatori, è anche raffigurata come una mummia in relazione al rito dell'apertura della bocca, altre raffigurazioni la ritraggono in piedi davanti al dio Osiride. 
La terza sala è il più grande ed è costituita da quattro pilastri, questi sono decorati con l'immagine di Maia. 
Il retro della stanza presenta una stele scolpita nella roccia con Maia davanti a Osiride, nella stessa stanza c'è anche una scala che conduce fino alle camera funeraria. 
La maggior parte delle altre pareti di questa stanza sono senza decorazioni.
La tomba era in epoche successive pesantemente riutilizzati.

Video di National Geographic

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"Maia and tut" by Unknown - http://www.hypogees.org/pages/francais/tombes2.htm. Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons.

La tomba di Maya

Quando l'egittologo tedesco Richard Lepsius, capo della spedizione prussiana in Egitto (1842-1845), ha visitato Saqqara nel 1843 ha in parte scavato la tomba di Maya.

Un disegno del piano e della sezione del secondo cortile è stato pubblicato nel suo Libro "Denkmarel aus Aegypten und Aethiopien". 
I disegni mostrano una doppia statua danneggiata in situ e la posizione di altri rilievi. Questi ultimi non solo stati pubblicato come disegni, ma molti di loro sono stati trasportati al Museo Egizio di Berlino. Tuttavia, questi blocchi sono stati così pesantemente danneggiati dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, che oggi sono praticamente distrutti.
In virtù dei disegni di Lepsius una buona parte dei blocchi oggi perduti possono essere riprodotti grazie alle riproduzioni presenti nel testo di Lepsius. 

Essa mostra il corteo funebre di Maya per la sua strada verso la tomba. La caratteristica più evidente è la presenza di tre statue, una in posizione accosciata e in possesso di una cassa, una in piedi e l'altra seduta. Scene comparabili del trasportano di una statua si possono trovare nelle tombe dell'Antico Regno di Saqqaa, che furono certamente una fonte di ispirazione per gli scultori delle statue e della tomba di Maya.
Nel periodo cristiano, alcuni blocchi dalla tomba di Maya sono stati riutilizzati nella fondazione del vicino monastero di Apa Jeremias. Questi sono stati trovati durante gli scavi di James Quibell dal 1908-1910 e sono ora nel Museo Egizio del Cairo.




La mano di Leonardo

Egitto: Il coltello di Gebel el-Arak

Titolo dell'opera: Coltello di Gebel el-Arak
Autore: n.n.
Anno di esecuzione: 3300-3060 a.C (Periodo Naqada III)
Luogo: Parigi (Louvre)

I coltelli a lama di selce e dal manico d’avorio scolpito esistevano già nell’epoca precedente, ma nel periodo di Naqada III conoscono uno straordinario sviluppo.

Uno dei più belli è conservato al museo del Louvre: si tratta del coltello di Gebel el-Arak, che rappresenta su un lato una scena di caccia, ispirata probabilmente all'arte sumerica, e sull'altro un combattimento tra due diversi gruppi etnici.


Queste scene sono scolpite a bassissimo rilievo su avorio d’ippopotamo, e restano di difficile interpretazione: è una battaglia contro gli Asiatici? Una riunione tra Alto e Basso Egitto? Un combattimento contro i Libici? I Nubiani? Un intervento divino contro il caos? Le ipotesi sono numerose.




Naturalmente questo oggetto, come altri conservati in tutto il mondo, non era di carattere utilitario.

Da Wikipedia: Arte di Naqada

Bibliografia


Stephan Seidlmayer, Il cammino egizio verso la civiltà, tratto dall'edizione italiana Egitto, terra dei faraoni, Könemann Verlagsgesellschaft mbH, Milano, 1999 - ISBN 3-8290-2561-0
Natale Barca, Sovrano predinastici egizi, Ananke, ISBN 88-7325-133-1

Egitto - Saqqara - Serapeum

Titolo dell'opera: Serapeum
Autore: -
Anno di esecuzione: -
Luogo: Saqqara (Egitto)

Il Serapeo di Saqqara, un'importante necropoli egizia situata presso Menfi, sorse sul complesso sepolcrale dei tori Api, ritenuti la manifestazione vivente del dio Ptah. Le più antiche sepolture dei tori sacri, imbalsamati e chiusi nei sarcofaghi, risalgono al regno di Amenofi III.

Nel XIII secolo a.C. Khaemuaset, figlio di Ramesse II, fece scavare nella montagna una galleria, sui cui lati vennero ricavate delle nicchie dove vennero alloggiati i sarcofaghi dei tori. Una seconda galleria, lunga 350 m, alta 5 m e larga 3 m, fu fatta costruire da Psammetico I ed in seguito utilizzata dai Tolomei.
Il viale delle 600 sfingi che collegava il sito alla città fu probabilmente opera di Nectanebo I.

La scoperta del Serapeo è dovuta a Auguste Mariette che scavò la maggior parte del complesso. Ma le sue note di scavo sono andate perdute e questo ha limitato l'utilità delle sepolture per stabilire una cronologia della storia egizia. Il problema consiste nella circostanza che dal regno di Ramesse XI al 23º anno di regno di Osorkon II, un periodo valutato in circa 250 anni, si conoscono solamente nove sepolture di tori, numero questo che include anche tre sepolture attualmente non note ma attestate da Mariette che disse di averle rilevate in una sala sotterranea troppo instabile per poter essere scavata. Gli egittologi ritengono che avrebbero dovuto esservi un maggior numero di sepolture di tori, nel periodo considerato, in quanto la vita media di un toro era di 25-28 anni, se non moriva prima, e quattro sepolture attribuite da Mariette al regno dei Ranmesse XI sono state retrodatate. Questa ha creato un vuoto di circa 130 anni che gli studiosi hanno cercato di colmare in vari modi. Secondo alcuni si deve rivedere tutta la cronologia della XX dinastia con uno spostamento in avanti delle date secondo altri studiosi esistono ulteriori sepolture di tori Api che non sono ancora state scoperte.

Da Wikipedia: Serapeo di Saqqara
Bibliografia
Auguste Mariette, Le Sérapéum de Memphis, découvert et décrit, Paris, Gide, 1857
Auguste Mariette, Le Sérapéum de Memphis, Paris, F. Vieweg, 1892
Jean Vercoutter, Textes biographiques du Sérapéum de Memphis: Contribution à l'étude des stèles votives du Sérapéum, Paris, Librairie ancienne Honoré Champion, 1962

Cristoforo Buondelmonti

Biografie: Cristoforo Buondelmonti

Cristoforo Buondelmonti (1386 – 1430 circa) è stato un geografo e monaco italiano studioso di antiche civiltà. Buondelmonti apparteneva ad un'importante famiglia nobiliare, estintasi nel secolo XVIII, che si era sviluppata nella Val di Greve e che, proprietaria del castello di Montebuoni e di fondi agricoli in Valdipesa, intratteneva fitti rapporti con l'Oriente.

Il monaco Buondelmonti interessato alla ricerca delle civiltà scomparse e alla geografia, fu probabilmente allievo del poeta e umanista italiano Guarino Veronese tramite il quale, conobbe il mecenate Niccolò Niccoli, studioso di opere classiche e di geografia.

Dal 1414 al 1430 Buondelmonti si recò nei luoghi più importanti della civiltà greca attraversando il mar Egeo e visitando Rodi, Creta, Cipro, l'Ellesponto, Costantinopoli. Il frutto di questi lunghi viaggi furono due opere di contenuto storico-geografico:


- la Descriptio insulae Cretae fatta arrivare a Firenze nel 1417 a Niccolò Niccoli
- e il Liber insularum Archipelagi (1420) con una dedica al cardinale Giordano Orsini. L'opera, riscritta per quattro volte, (l'edizione definitiva è del 1430) ebbe grande diffusione e fu riportata negli isolari illustrati come quelli di Henricus Martellus, di Bartolomeo de li Sonetti e di Benedetto Bordone (1460–1531).
Con queste opere Buondelmonti fondò il nuovo genere letterario degli isolari, un nuovo linguaggio rinascimentale che rappresentava lo spazio fondendo la simbologia delle carte nautiche con la descrizione corografica ed assieme storica dei luoghi visitati.

Nel 1419 Buondelmonti aveva acquistato per conto di Cosimo de' Medici nell'isola di Andros un manoscritto, tradotto in greco da uno sconosciuto Filippo, intitolato Hieroglyphica*, opera di un autore ignoto chiamato Horus-Apollo o Horapollus che affermava di essere egiziano. Nel 1422 il testo arrivò a Firenze e tradotto dal greco destò molto interesse tra i dotti umanisti poiché era l'unico antico trattato riguardante l'interpretazione dei geroglifici egiziani che si credeva nascondessero simbolicamente un'antichissima lingua sapienziale.


*Hieroglyphica (scoperta nel 1419), una 'spiegazione' di quasi 200 segni in chiave simbolico-ermetica, risalente, oggi si pensa, intorno alla fine del sec. IV d.C. L'opera, è alla base della visione caratteristica del periodo rinascimentale intorno alla "scrittura egizia", che in essa vedeva un insieme di simboli con valore ermetico segreto carico di riferimenti, simile ad un rebus e in questo senso risulta autorevole anche se ricca di errate interpretazioni, e forse anche un ulteriore impedimento alla decifrazione della scrittura egizia in senso razionale. Mentre gli studiosi del passato hanno enfatizzato le origini greche dell’opera, ricerche recenti hanno messo in risalto residui di conoscenze genuine ed interpretato il lavoro come un disperato tentativo di un intellettuale egiziano di recuperare un passato ormai sepolto. Comunque gli Hieroglyphica esercitarono una notevole influenza sul simbolismo del Rinascimento, ed in modo particolare sul libro degli emblemi di Andrea Alciato. Non ve ne sono tracce nell'Hypnerotomachia Poliphili (Venezia, Aldo Manuzio, 1499) del frate veneziano Francesco Colonna. e conobbe diverse edizioni, tra le quali una illustrata da Albrecht Dürer. Fu, inoltre, fonte di ispirazione per famosi maestri, tra i quali Bellini, Giorgione, Tiziano e Bosch, come indicato in Alchimia & Mistica di Alexander Roob.


Da Wikipedia: Cristoforo Buondelmonti - Horapollo

Bibliografie
Cristoforo Buondelmonti:
Massimo Donattini, Spazio e modernità: libri, carte, isolari nell'età delle scoperte, Clueb, 2000
R. Weiss, Un umanista antiquario: Cristoforo Buondelmonti in Lettere Italiane vol. 16, 1964
Cristoforo Buondelmonti, Descriptio insule Crete et Liber insularum, cap. XI, traduzione di Marie Anne Van Spitael, Creta, 1981.

Horapollo:
n.n.