Donato de' Bardi - Crocifissione

Titolo dell'opera: Crocifissione
Autore: Donato de' Bardi
Anno di esecuzione: 1448 circa
Luogo: Savona (Pinacoteca civica)


La Crocifissione di Donato de' Bardi è un dipinto tempera su tela di grandi dimensioni (165x238 cm), databile al 1448 e conservato nella Pinacoteca civica di Savona.

L'opera, capolavoro dell'artista e della corrente cosiddetta della "Congiuntura Nord-Sud" (cioè della vasta area dove si fusero elementi fiamminghi e mediterranei), mostra il Cristo crocifisso tra i dolenti (Maria e san Giovanni Evangelista) e la Maddalena inginocchiata, mentre ai lati volano due gruppi di angeli disperati. Le aureole sono composte da iscrizioni dorate. In basso, vicino al teschio, si trova un cartiglio con la firma "DONATUS COMES BARDUS PAPIENSIS PINXIT HOC OPUS".

Sebbene il sostrato sia la cultura lombarda, dalle Fiandre derivano alcuni elementi insoliti in Italia, come l'uso della tela per il grande formato o l'uso della cornice in trompe-l'oeil con la scritta dorata (un'invocazione al Cristo), copiata dal Trittico Giustiniani, inviato a Genova, di Jan van Eyck. La composizione, simmetrica e austera, è ispirata ai Calvari nordeuropei, ma è soprattutto la sensibilità alla luce, che tornisce volumetricamente le figure, o l'uso precocissimo della prospettiva aerea a rappresentare un ponte tra le due culture, italiana e fiamminga. Lo spazio infatti appare definito dall'allontanarsi dei piani sullo sfondo, via via più sfumati dalla foschia, dove sembra di percepire l'aria atmosferica, senza ricorso alla prospettiva geometrica di stampo fiorentino.


L'opera, capolavoro dell'artista e della corrente cosiddetta della "Congiuntura Nord-Sud" (cioè della vasta area dove si fusero elementi fiamminghi e mediterranei), mostra il Cristo crocifisso tra i dolenti (Maria e san Giovanni Evangelista) e la Maddalena inginocchiata, mentre ai lati volano due gruppi di angeli disperati. Le aureole sono composte da iscrizioni dorate. In basso, vicino al teschio, si trova un cartiglio con la firma "DONATUS COMES BARDUS PAPIENSIS PINXIT HOC OPUS".

Sebbene il sostrato sia la cultura lombarda, dalle Fiandre derivano alcuni elementi insoliti in Italia, come l'uso della tela per il grande formato o l'uso della cornice in trompe-l'oeil con la scritta dorata (un'invocazione al Cristo), copiata dal Trittico Giustiniani, inviato a Genova, di Jan van Eyck. La composizione, simmetrica e austera, è ispirata ai Calvari nordeuropei, ma è soprattutto la sensibilità alla luce, che tornisce volumetricamente le figure, o l'uso precocissimo della prospettiva aerea a rappresentare un ponte tra le due culture, italiana e fiamminga. Lo spazio infatti appare definito dall'allontanarsi dei piani sullo sfondo, via via più sfumati dalla foschia, dove sembra di percepire l'aria atmosferica, senza ricorso alla prospettiva geometrica di stampo fiorentino.


Bibliografia

Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7212-0

Giotto - San Francesco rinuncia ai beni terreni

Titolo dell'opera: San Francesco rinuncia ai beni terreni
Autore: Giotto
Anno di esecuzione: 1290 -1292 circa
Luogo: Assisi (Basilica Superiore)



Francesco rinuncia ai beni terreni, o più semplicemente Rinuncia ai beni terreni, è la quinta delle ventotto scene del ciclo di affreschi delle Storie di san Francesco della Basilica superiore di Assisi, attribuiti a Giotto. Fu dipinta verosimilmente tra il 1295 e il 1299 e misura 230x270 cm.

Questo episodio appartiene alla serie della Legenda maior (I, 3) di san Francesco: "Quando restituì al padre ogni cosa e, deposte le vesti, rinunciò ai beni paterni e temporali, dicendo: «Di qui in avanti posso dire con certezza: -Padre nostro che sei nei cieli-, poiché Pietro di Bernardone m'ha ripudiato.»"

La scena, che nella realtà si svolse in piazza del Duomo a Foligno, è organizzata secondo uno schema molto efficace di due fasce verticali intervallate dallo sfondo neutro: a sinistra Pietro Bernardone, il padre di Francesco, col volto contratto, dalla notevole espressività, viene trattenuto da un uomo per un braccio; egli ha il pugno chiuso e si solleva la veste come per volersi lanciare contro il figlio, un vero e proprio "gesto parlante"; dietro di lui si dispiegano i cittadini borghesi; dall'altra parte san Francesco spogliato che prega asceticamente verso la mano di Dio benedicente che appare tra le nuvole; il vescovo copre alla meglio la sua nudità e altri religiosi (caratterizzati dalla tonsura) lo seguono. La netta spaccatura della scena è efficacemente simbolica delle posizioni inconciliabili dei due schieramenti, che sono il passato e il presente di Francesco.

Nella casualità quotidiana della folla non è tralasciata nemmeno la raffigurazione di due bambini, quali passanti, che tengono le vesti rialzate, forse per tenere dei sassi da tirare al "pazzo".

Notevolissima è poi la resa anatomica del corpo di Francesco, con chiare lumeggiature che definiscono il volume della muscolatura di sorprendente modernità (si pensi quanto sono lontani i geometrici grafismi dei crocifissi della pittura immediatamente precedente). Particolarmente stringenti sono le affinità, soprattutto nei volti, con le figure dipinte nei registri superiori della basilica dal cosiddetto Maestro di Isacco, forse lo stesso Giotto forse un capobottega leggermente più anziano.

Le scenografie architettoniche sono particolarmente sviluppate in altezza e creano complessi volumi con vuoti e pieni (si guardi per esempio al terrazzo sulla destra sostenuto da una colonna). In questi edifici non sono mantenuti rapporti dimensionali coerenti con le figure presenti, ma sono delle semplici quinte alla scena. Alcune incertezze assonometriche si possono notare nella scaletta esterna sulla sinistra, dove i gradini non sono dritti per permettere l'innaturale visione del pavimento (mentre si vede il soffitto del pianerottolo anche in basso dove è sorretto da due colonne.


Figure e sfondo appaiono efficacemente integrate, con colori chiari e brillanti dalle valenze anche simboliche: l'abito del padre ad esempio è giallo, simbolo di ricchezza mondana.


Bibliografia

Maurizia Tazartes, Giotto, Rizzoli, Milano 2004. ISBN non esistente
Edi Baccheschi, L'opera completa di Giotto, Rizzoli, Milano 1977. ISBN non esistente

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"Giotto - Legend of St Francis - -05- - Renunciation of Wordly Goods" di Giotto - Le informazioni sulla fonte di questo file multimediale sono mancanti.Per favore modifica questa pagina di descrizione del file fornendone la provenienza.. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.

Ambrogio Lorenzetti - Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo

Titolo dell'opera: Effetti del buongoverno
Autore: Ambrogio Lorenzetti
Anno di esecuzione: 1337 - 1339
Luogo: Siena (Palazzo pubblico, sala della Pace)



L'Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo è un ciclo di affreschi di Ambrogio Lorenzetti, conservato nel Palazzo Pubblico di Siena e databile al 1338-1339. Gli affreschi, che dovevano ispirare l'operato dei governatori cittadini che si riunivano in queste sale, sono composti da quattro scene disposte lungo tutto il registro superiore di tre pareti di una stanza rettangolare, detta Sala del Consiglio dei Nove, o della Pace.

Gli affreschi furono commissionati dal Governo della Città di Siena, che in quegli anni era governata da nove cittadini, il Governo dei Nove appunto, che rimanevano in carica un periodo di tempo limitato, per lasciare poi il posto ad altri nove cittadini.

I documenti attestano che Ambrogio Lorenzetti lavorò agli affreschi dal febbraio del 1338 al maggio del 1339, lasciandovi la firma sotto l’affresco della parete di fondo, dove si trova l’Allegoria del Buon Governo: “Ambrosius Laurentii de Senis hic pinxit utrinque…”, che alla lettera vuol dire “Ambrogio di Lorenzo da Siena mi ha dipinto da entrambi i lati…”. Purtroppo la firma è incompleta e forse recava un tempo anche l’anno di esecuzione. I Nove hanno deciso di affidare ad Ambrogio la realizzazione di questi affreschi per onorarlo quale miglior pittore senese del momento e in quanto in grado di riuscire a interpretare al meglio il modo di vivere della borghesia mercantile allora al potere La Sala del Consiglio dei Nove ha subito negli anni numerose modifiche: Il sistema degli accessi alla sala è stato modificato e sono andati perduti la mobilia e gli arredi originari. Anche gli affreschi hanno subito integrazioni, spesso infelici, e mostrano qua e là lacune. Tuttavia l’opera di Ambrogio è in larga misura conservata, grazie anche all’importante restauro degli ultimi anni ’80. Questi affreschi assumono una particolare importanza se si considera che essi sono una delle prime espressioni di arte civile.

Gli affreschi hanno un chiaro effetto didascalico, confrontando l'allegoria del Buon Governo (sulla parete di fondo) con quella del Cattivo Governo (sulla parete laterale sinistra), entrambe popolate da personaggi allegorici facilmente identificabili grazie alle didascalie. A queste seguono due paesaggi di una medesima città (Siena), con gli effetti del Buon Governo dove i cittadini vivono nell'ordine e nell'armonia (sulla parete laterale destra), e gli effetti del Cattivo Governo dove si vede una città in rovina (sulla parete laterale sinistra). Il ciclo è una delle prime opere di carattere totalmente laico nella storia dell'arte. Gli affreschi dovevano ispirare l'operato dei governatori cittadini, che si riunivano in queste sale.
Il risultato appare infatti denso di riferimenti storici artistici e letterari e nasce da un progetto molto ambizioso con toni polemici e perentori nei contenuti, che intende coinvolgere il pubblico in riflessioni che investono direttamente il coevo contesto socio-politico.

L'affresco de "Gli Effetti del buongoverno" si trova sulla stessa parete laterale destra in cui si trovano Gli Effetti del Buon Governo in Città, formando con quest'ultimi un unico affresco. In campagna si vedono cittadini e contadini che viaggiano sulle strade, giovani a caccia con la balestra tra vigne ed ulivi, contadini che seminano, zappano ed arano la terra, tenute dominate da vigne ed uliveti. Sono riconoscibili anche case coloniche, ville, borghi fortificati. In aria vola la personificazione della Sicurezza, che regge un delinquente impiccato, simbolo di una giustizia implacabile con chi trasgredisce le leggi, e un cartiglio:

« Senza paura ogn'uom franco camini / e lavorando semini ciascuno / mentre che tal comuno / manterrà questa donna in signoria / ch'el alevata arei ogni balia »


Da notare come questa figura sia nuda, una dei primi nudi con significato positivo del medioevo (la nudità era al tempo usata solo per rappresentare le anime dei dannati). Nel cartiglio viene ricordato che, fintanto che regnerà la Sicurezza, ognuno potrà percorrere la città e la campagna in piena libertà. L'ideale del Lorenzetti per un Comune forte e giusto è mostrato dal contrasto tra la sensualità della figura allegorica e la cruda allusione alla pena di morte: proteggere coloro che agiscono bene e punire chi non rispetta le leggi.

Le attività contadine che si svolgono in campagna riguardano periodi diversi dell'anno, come l'aratura, la semina, la raccolta, la mietitura, la battitura del grano. Evidentemente il pittore era più intenzionato a mostrare la condizione di floridezza e di sicurezza della campagna in tutti i suoi aspetti piuttosto che ad offrire una fotografia realistica di un preciso momento.

A partire dalla porta delle mura della città inizia una strada lastricata in discesa, che porta alla campagna del contado. Il pendio della strada vuole riprodurre in maniera realistica l'altitudine della città di Siena, dove alcune porte si trovano davvero ad una certa altezza e sono raggiungibili solo tramite strade in salita. Sulla strada vediamo dei cacciatori a cavallo che si stanno recando in campagna mentre incrociano due borghesi ben vestiti, anch'essi a cavallo, che stanno rientrando in città. Uno dei Signori a cavallo, quello sulla destra, è forse identificabile con Orlando Bonsignori, noto banchiere senese. Un contadino rientra in città a piedi instradando un maiale selvatico (un esemplare tipico di cinta senese), un altro conduce un mulo con un sacco ed una cesta, mentre altri ancora più in basso recano sulle some dei loro muli sacchi di farina o granaglie, tutta merce da vendere in città.


Ancora più in basso due contadini camminano e conversano, portando in città delle uova. Sul ciglio della stessa strada, all'altezza dei cacciatori a cavallo, troviamo un mendicante seduto. In questa stratificazione sociale si vede la politica del Governo dei Nove, fedelmente riportata su affresco dal pittore: Buon Governo non significava appianare le disuguaglianze sociali, ma fare in modo che ciascun strato sociale potesse stare ed operare al proprio posto, in sicurezza. Nella raffigurazione della campagna non sono tenute in considerazione le regole della prospettiva, infatti si nota che gli alberi e gli edifici all'orizzonte presentano le stesse dimensioni di quelli vicini.



L'affresco ha subito un rifacimento quattrocentesco nel margine destro, su una superficie triangolare delimitata approssimativamente dal lato che va dalla penultima trave del soffitto al margine inferiore destro. È ancora visibile l'inizio della scritta "Talamone", scritta troncata nella parte terminale dal rifacimento. Ambrogio Lorenzetti aveva infatti disegnato la Campagna fino al mare, che nel contado di Siena voleva dire l'avamposto di Talamone. Nel quattrocento, al tempo del rifacimento, la zona costiera era infestata dalla malaria e si preferiva raffigurare il contado fino ad un lago anonimo, piuttosto che al mare.




Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, Arte nel tempo, volume 1, Bompiani, Milano 1999.
Chiara Frugoni, Immagini troppo belle: la realtà perfetta, in Una lontana città. Sentimenti e immagini nel Medioevo, Einaudi, Torino, 1983, ISBN 88-0605476-7
Chiara Frugoni, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, Le Lettere, Firenze 2010. ISBN 88-7166-668-2
Alois Riklin, Ambrogio Lorenzettis politische Summe, Stämpfli/Manz, Berna/Vienna 1996.
Quentin Skinner, Ambrogio Lorenzetti e la raffigurazione del governo virtuoso, pp.53-122 e Ambrogio Lorenzetti sul potere e la gloria delle repubbliche pp.123-154 in Id. Virtù rinascimentali, Il Mulino, Bologna 2006. ISBN 88-15-10933-1

Le immagini di questo articolo:

"Ambrogio Lorenzetti 011" di Ambrogio Lorenzetti - The Yorck Project: 10.000 Meisterwerke der Malerei. DVD-ROM, 2002. ISBN3936122202. Distributed by DIRECTMEDIA Publishing GmbH.. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons